Prime considerazioni sull'art. 5 della Legge n.123/07


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
Prime considerazioni sull'art. 5 della Legge n.123/07
Autore: Aldo Scarcelli - aggiornato il 12/09/2007
N° doc. 3925

Aldo Scarcelli funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Milano

(Si rappresenta che ai sensi della Circolare del 18/03/04 del Ministero del lavoro le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza)

 

 

 

 

Prime considerazioni sull’art. 5 della Legge n.123/07

 

 

LA SOSPENSIONE DELLE ATTIVITA’  IMPRENDITORIALI

 

·                    Natura Giuridica

 

Analogamente al provvedimento di sospensione dei lavori di cui all’art 36 bis della L 248/06, il provvedimento di sospensione delle attività imprenditoriali si colloca nell’ambito dei provvedimenti amministrativi sanzionatorio/interdittivi discrezionali con finalità cautelari. Anche tale istituto è volto a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori e ad inibire l’esercizio dell’attività lavorativa nelle ipotesi in cui si determini esposizione a pericolo del bene sicurezza. In altri termini, il legislatore, in talune ipotesi ritenute particolarmente gravi, non ritenendo sufficienti le sole sanzioni pecuniarie già presenti nell’ordinamento, appronta ulteriori strumenti di tutela, quali quello del provvedimento interdittivo dell’intera attività fonte di pericolo.

La discrezionalità, insita nella possibilità di adozione del provvedimento, si giustifica nella necessità di rilasciare, all’autorità procedente, un margine di apprezzamento per tutti quei casi concreti in cui l’adozione del provvedimento si scontra con ulteriori interessi di terzi o della stessa collettività, pur meritevoli di tutela, che rischierebbero di essere ingiustamente sacrificati dall’adozione della sospensione dell’attività imprenditoriale. Si pensi, a mero titolo esemplificativo, all’inibizione di attività di somministrazione di energia che, comporterebbe l’interruzione di molti altri processi produttivi ovvero all’interruzione di attività ad elevata utilità sociale come la chiusura di una casa di riposo o addirittura di una clinica medica; in siffatte ipotesi la tutela dei controinteressati e la necessaria comparazione degli interessi in conflitto è resa possibile dalla discrezionalità nell’adottare o meno il provvedimento.

 

 

 

·                    Ambito applicativo e rapporti tra le diverse figure della sospensione dei lavori (art 36 bis L 468/06) e dell’attività imprenditoriale ( art 5 L 123/07)

 

            Il primo problema che si pone all’operatore del diritto (organi di vigilanza competenti) è quello di individuare l’ambito operativo di ciascun istituto, nel caso di specie, chiarire rapporti ed eventuali interferenze con l’ulteriore ipotesi di sospensione di cui all’art 36 bis della l 248/06.

La norma, al fine di fugare qualsivoglia diversa interpretazione, a chiare lettere ribadisce l’attuale vigenza della diversa ipotesi di sospensione di cui all’art 36 bis l 248/07, così risolvendo in nuce qualsiasi problema interpretativo circa un’eventuale abrogazione tacita, infatti, l’art 5 esordisce disponendo:” fermo restando quanto previsto dall’art 36 bis …così come modificato dal presente articolo”. La modifica apportata, è rinvenibile nel comma 5 dell’art 5 l 123/07, il quale si limita ad aggiungere al comma 2 dell’art 36 bis (il quale individua le condizioni per la revoca) la lettera b-bis) che richiede, quale condizione per la revocabilità, il pagamento di una sanzione aggiuntiva rispetto a quelle penali ed amministrative vigenti pari ad 1/5 delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate senza null’altro aggiungere. Dal tenore della norma si desume che nell’ambito dei cantieri edili continuerà a trovare applicazione l’art 36 bis. Pertanto, la sospensione dei lavori, può, ancora oggi, essere adottata al ricorrere dei medesimi presupposti previsti ante novella. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che il comma 1, il quale individua le violazioni che consentono la sospensione, non risulta affatto modificato-integrato. In tal senso depone, oltre al tenore letterale della norma, la stessa Lettera Circolare del 22/08/07, che altresì precisa: ”il provvedimento in questione trova applicazione per tutte le attività imprenditoriali che esulano dunque dal campo di applicazione del citato art 36 bis e quindi al di fuori dell’ambito dell’edilizia

Ciò posto, non bisogna trascurare l’effetto paradossale che deriverebbe dall’inapplicabilità dell’art 5 comma 1 all’ambito dell’edilizia, infatti, così ragionando in un settore dove il fattore sicurezza dei lavoratori è maggiormente esposto a pericolo si impedirebbe l’applicazione dell’istituto, che, giova ricordare, è per sua natura teleologicamente orientato a rimuovere proprio tali situazioni di esposizione a pericolo. Orbene, una siffatta interpretazione porterebbe ad una ingiustificata disparità di trattamento e minorata tutela nel settore edile, così  esponendo la norma a censure sotto il profilo della legittimità costituzionale. Inoltre, non va trascurata la diversa portata ed ambito applicativo delle due figure di sospensione che, a ben vedere, si differenziano non poco. Infatti, mentre la sospensione ex art 36 bis opera nel solo settore dei lavori edili e prescinde dalla qualifica di imprenditore, tanto è vero che è  applicabile anche alle ipotesi di lavori in economia, l’altra figura di sospensione presuppone proprio tale qualità e, per come è costruita, risulta applicabile a qualsiasi datore di lavoro purchè imprenditore. Allora, proprio tali differenze sostanziali dovrebbero far escludere un rapporto di specialità in senso stretto tra le due norme e a dispetto del tenore letterale condurre ad una interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata della fattispecie che porti a colmare i citati vuoti di tutela applicando anche in ambito di edilizia la sospensione ex art 5 l 123/07, ovviamente nell’ipotesi non contemplata dall’art 36 bis quale quella di sospensione per gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ciò in quanto la norma risulta applicabile a tutti gli imprenditori senza distinzione di sorta. Pertanto, se un datore di lavoro, purché imprenditore (art 2082 cc), commette gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, questo potrà essere destinatario del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale.

In altri termini, secondo tale ricostruzione, nell’ambito delle lavorazioni edili, oltre alla sospensione dell’attività imprenditoriale ex art 5 l 123/07 (quando sia un imprenditore a violare reiteratamente gravi norme di sicurezza), può essere adottata anche la sospensione dei lavori ex art 36 bis (anche per il semplice “quisque de populo”, datore non imprenditore) nelle ulteriori due ipotesi contemplate dalla norma. Tale ricostruzione risulterebbe coerente con il generale sistema di tutele, che in ambito di attività maggiormente pericolose appresta più ampi mezzi di tutela, consentendo la sospensione dei lavori ex 36 bis che ha un più ampio raggio operativo proprio perché applicabile anche a chi non è imprenditore. Nell’applicazione pratica occorrerà verificare se ci saranno ulteriori diverse precisazioni ministeriali, infatti, l’orientamento espresso nella lettera Circ del 22/08/07 fino a quando non risulterà superato da diversi/difformi indirizzi ministeriali, costituisce una precisa presa di posizione dell’Amministrazione in ordine ad una determinata problematica operativa e come tale è da considerare vincolante per tutto il personale, come peraltro recentemente ribadito dalla Lettera Circolare della DGAI del 16/07/07.

 

 

 

 

 

·                    La nuova ipotesi delle “ gravi e reiterate violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro”

 

Il punto di maggiore difficoltà interpretativa è costituito proprio dalla suddetta nuova ipotesi di sospensione. Se non si riscontrano particolari dubbi interpretativi in riferimento alla formula legislativa:” disciplina in materia di tutela della salute  e ancor meno in riferimento al termine: ”reiterate violazioni” stante, in riferimento a quest’ultimo, l’espresso richiamo all’art 8 bis della l 689/81 operato dalle circolari ministeriali, il vero nodo gordiano è rappresentato dall’interpretazione del termine :”gravi violazioni”. Un primo tentativo in termini di maggiore determinazione della fattispecie è stato fornito dalla Circ 22/08/07, la quale al riguardo precisa:” Rispetto al presupposto concernente la sussistenza di gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza e salute del lavoro……si ritiene opportuno far riferimento alla sanzione che l’ordinamento ricollega alla violazione riscontrata a carico dei soli datori di lavoro e dei dirigenti. Le sole disposizioni sanzionatorie a carico dei responsabili aziendali punite con le pene più gravi (sia di carattere detentive che pecuniario) costituiscono le gravi violazioni cui fa riferimento il Legislatore……..”  Sembrerebbe di capire che le violazioni sussumibili nella categoria sono solo quelle commesse dai datori e dai dirigenti, a titolo esemplificativo si pensi all’art. 89 del Dlgs 626/94 e all’articolo 389 del DPR 547/55 entrambi rubricati (contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti) e tra queste le sole violazioni punite con le pene più gravi. Pertanto, non tutte le violazioni rinvenibili nei citati articoli possono legittimare un provvedimento di sospensione, essendo tale prerogativa riservata esclusivamente alle violazioni punite con pene detentive e pecuniarie più gravi, rinvenibili nei primi commi dei citati articoli.

La ricostruzione qui fornita sembrerebbe confortata dal fatto che la circolare opera la valutazione di gravità, in riferimento alle sole “pene”, cioè nell’ambito delle sole violazioni penali, con la conseguenza di escludere un giudizio di gravità basato sulla mera natura della sanzione, penale o amministrativa. In vero, il tenore letterale della norma, nel suo generico riferimento alle gravi e reiterate violazioni, avrebbe lasciato spazio anche ad una diversa interpretazione che fondi il distinguo tra violazioni gravi e non, sulla base del tipo di sanzione prevista dall’ordinamento, con la conseguenza di ritenere gravi tutte le violazioni penali e non gravi le violazioni amministrative, ciò in considerazione del carattere sussidiario del diritto penale inteso come idea dello strumento penale quale extrema ratio da riservare ai soli casi in cui l’aggressione al bene tutelato raggiunga un livello di tale gravità da risultare intollerabile ( principio di cd. meritevolezza di pena). Tale ricostruzione, avrebbe però rischiato di ampliare troppo l’ambito operativo dell’istituto considerato che la quasi totalità delle sanzioni in materia di sicurezza sono di indole contravvenzionale.

 

 

 

L’ULTERIORE CONDIZIONE PER LA REVOCA: LA SANZIONE AGGIUNTIVA DEL 1/5

 

 

·                    Natura giuridica

 

 Tale sanzione, definita dal legislatore aggiuntiva per differenziarla da tutte le altre ipotesi di sanzioni amministrative e penali, a ben vedere, si differenzia non poco dalla sanzione amministrativa strictu iure intesa, infatti, rispetto a quest’ultima difetta del requisito della esecutività, di tal che il mancato pagamento della somma di 1/5 non potrà mai condurre la P.A. all’emissione del titolo (ordinanza ingiunzione) in vista dell’esecuzione forzata, ciò in quanto l’amministrazione non vanta rispetto a tale somma un diritto di credito, che invece vanta nel caso di sanzioni amministrative vere e proprie. In altri termini, il destinatario del provvedimento di sospensione è libero di non pagare, il pagamento è spontaneo e funzionale ad ottenere un vantaggio, consistente nella rimozione del provvedimento interdiittivo. Tale figura, pur avendo anch’essa natura afflittiva e perciò latamente sanzionatoria, si avvicina più alla figura dell’onere. Inoltre, l’inesigibilità della sanzione aggiuntiva implica la sua non assoggetabilità alla procedura della 689/81 con conseguente non necessarietà della contestazione a mezzo di verbale di illecito ex art 14 della l 689/81.

 

 

 

·                    Quantificazione dell’importo

 

Sia la lett. c) comma 2 dell’art 5, che la lett. b-bis) comma 2 dell’art 36 bis, stabiliscono che l’importo della sanzione è:pari ad 1/5 delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate”.  Stante il tenore della norma, per il calcolo del 1/5 non possono essere considerate le violazioni configuranti ipotesi di illecito penale. Il fatto che i reati possano essere estinti attraverso il meccanismo della prescrizione non è in grado di far mutare natura giuridica all’illecito, che rimane di natura penale. Pertanto, la base di calcolo per il 1/5 deve essere determinata dalle sole sanzioni amministrative in senso stretto. Tale limitazione alle sole sanzioni amministrative, potrà comportare anche l’adozione di provvedimenti interdittivi privi di sanzione aggiuntiva, si pensi ai casi di sospensione adottati per ipotesi di gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza, ove non è infrequente il riscontro di sole violazioni penali,  in tali casi in difetto di ulteriori violazioni amministrative non residuerà spazio per la sanzione aggiuntiva e si potrà procedere alla revoca del provvedimento di sospensione sulla sola base del soddisfacimento dei restanti requisiti di legge.

 

Un ulteriore problema, è quello di stabilire il senso da attribuire alla dicitura: “complessivamente irrogate” All’uopo, la Lettera Circ del 22/08/07 sembrerebbe deporre a favore dell’interpretazione in base alla quale sarebbero da includere anche le diverse sanzioni che non sono riferibili alle violazioni presupposto della sospensione. Pertanto dovrebbero rientrare tutte le sanzioni amministrative riscontrate, così, ad esempio, se nel caso di sospensione per il superamento della soglia del 20% di lavoratori non risultanti si dovesse riscontrare anche la mancanza del registro infortuni, anche la relativa sanzione concorrerebbe a formare la base di calcolo per la determinazione del 1/5.

 

Inoltre, ad avviso di chi scrive, sarebbe quantomeno opportuno, al fine di  motivare il quantum della sanzione aggiuntiva del 1/5, dare contezza, nel provvedimento di sospensione, di quali sono le sanzioni amministrative riscontrate prese a base di calcolo. Ovviamente, per non appesantire troppo il provvedimento, sarebbe sufficiente anche una motivazione per relationem con semplice rinvio al verbale di accesso ispettivo.

 

La  Lett Circ, altresì precisa : “ la quantificazione dell’importo dovrà avvenire con riferimento alle sole sanzioni immediatamente accertate”.  Tale precisazione, sebbene non trovi riscontro nel dettato normativo, il quale fa espresso riferimento alle sanzioni complessivamente irrogate e non a quelle semplicemente riscontrate, è sicuramente da condividere in considerazione delle motivazioni di carattere giuridico/economico che impongono tale soluzione; infatti, se il privato fosse costretto ad attendere tutto il tempo necessario alla complessiva irrogazione delle sanzioni prima di poter chiedere la revoca del provvedimento interdittivo, i potenziali danni all’economia del paese potrebbero essere sproporzionati rispetto alla finalità cautelari che la norma mira a tutelare. Inoltre, un simile ritardo, oltre che antieconomico, risulterebbe iniquo proprio perché continuerebbe ad inibire un’attività produttiva che ha ormai, in fatto, rimosso la situazione di pericolo che ha cagionato l’adozione del provvedimento.  

 

 

 

I PROVVEDIMENTI DI RITIRO

 

·                    La revoca in senso stretto

 

Condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione sono quelle di cui al comma 2 lett a),b), c), dell’art 5 della citata legge. Tale tipo di revoca andrebbe inquadrata nelle ipotesi di cui all’art 21 Quinquies della L. 241/90 (Revoca del provvedimento) il quale così dispone: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti…………” Anche tale tipo di revoca ha efficacia ex nunc, sennonché la particolarità nel caso di specie consisterebbe nella obbligatorietà della revoca una volta soddisfatte tutte le condizioni poste dalla legge, tale peculiarità, dipenderebbe dalla circostanza  che in tali casi la nuova valutazione dell’interesse pubblico è stata operata già a monte dallo stesso legislatore. In altri termini la tipizzazione della nuova situazione di fatto e la non corrispondenza dell’atto alle esigenze pubbliche rende necessario oltre che opportuno privare di effetti un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole in precedenza emanato.

 

·                    L’annullamento d’ufficio

 

Un diverso atto di ritiro del provvedimento di sospensione è prospettabile quando lo stesso risulti essere stato adottato contra legem, all’uopo è la stessa Circ 22/08/07 che ammette la possibilità per la DPL di revocare in autotutela ai sensi dell’art 21 nonies (annullamento d’ufficio) della l 241/90 il quale dispone:“ Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21 octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”. Tale istituto espressione di un potere generale della PA, si attaglierebbe ai casi in cui il provvedimento di sospensione risulti annullabile in quanto adottato in violazione di legge ovvero in assenza dei presupposti di legge ad esempio per mero errore di calcolo della percentuale di lavoratori in nero. Anche in siffatta ipotesi, ad avviso di chi scrive, l’adozione della revoca sotto il profilo dell’opportunità e del diritto si imporrebbe, ciò in quanto l’atto interdittivo per sua natura ad effetti durevoli continuerebbe a produrre effetti incompatibili con la normativa.  (C.d.s. sez I parere 13.06.86 n 1060) Tale doverosità giustifica anche il potere di revoca accordato dalla citata lettera circolare alla stessa DPL. Infatti se prima facie può lasciare alquanto perplessi l’attribuzione del potere di revoca, in difetto di una espressa previsione di legge, oltre che all’organo che lo ha emanato, anche alla stessa DPL, non bisogna però dimenticare che l’agire dell’organo ispettivo è riferibile, in base al rapporto di immedesimazione organica, alla Direzione che risente delle conseguenze negative determinate dall’eventuale adozione di un atto illegittimo e che ben può in autotutela adottare l’atto di ritiro che peraltro risulta, per i motivi sopraesposti, giuridicamente doveroso.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware