Problematiche Iva: invio all'estero di beni da sottoporre a lavorazione. Regimi doganali applicabili ed effetti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.


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Problematiche Iva: invio all'estero di beni da sottoporre a lavorazione. Regimi doganali applicabili ed effetti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
Autore: Milva Anna Elena Bevacqua - aggiornato il 03/01/2006
N° doc. 1119
03 01 2006 - Edizione delle 15:30  
 
Problematiche Iva

Invio all'estero di beni da sottoporre a lavorazione

Regimi doganali applicabili ed effetti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto
 
Molto spesso gli operatori economici nazionali delocalizzano in Paesi extracomunitari alcune fasi di lavorazione dei propri prodotti. In genere, l'invio all'estero riguarda materie prime o semilavorati che, dopo essere stati sottoposti a lavorazione, sono successivamente reintrodotti nel territorio nazionale sotto forma di prodotti finiti. Per la spedizione in territorio extraUe di tali beni, si possono utilizzare tre tipi di esportazione alle quali corrispondono differenti effetti ai fini Iva.

Tali procedure di esportazione possono essere così distinte:
  • esportazione temporanea
  • esportazione definitiva senza trasferimento del diritto di proprietà dei beni
  • esportazione definitiva con trasferimento del diritto di proprietà dei beni.

Esportazione temporanea
L'esportazione temporanea corrisponde al regime del cosiddetto perfezionamento passivo disciplinato dagli articoli 145 e seguenti del Codice doganale comunitario (regolamento Cee n. 2913 del 12/10/92).
In particolare, tale regime permette agli operatori di esportare temporaneamente, al di fuori del territorio doganale comunitario, beni da sottoporre a lavorazione ("operazione di compensazione"). I beni risultanti dalla lavorazione ("prodotti compensatori") verranno successivamente reintrodotti nel territorio comunitario in esenzione totale o parziale dai relativi dazi doganali.
Ai sensi dell'articolo 200 del Testo unico delle leggi doganali (Dpr 43/1973), la temporanea esportazione (prevista dall'articolo 199 del Tuld) "...è consentita a condizione che le merci da esportare siano destinate a ricevere uno o più trattamenti appresso indicati e che sia possibile riconoscere, all'atto della riemportazione, l'identità ovvero l'avvenuto utilizzo delle merci stesse sulla base delle norme cautelative fissate nella relativa autorizzazione".

I trattamenti (operazioni di compensazione) previsti sono:

  1. trasformazione in prodotti aventi caratteristiche chimiche, fisiche od organolettiche diverse da quelle delle merci temporaneamente esportate
  2. lavorazione non rientrante nel precedente punto a), compresi il montaggio, l'assiemaggio e l'adattamento ad altre merci
  3. riparazione, compresi il riattamento e la messa a punto
  4. altri trattamenti non compresi nei punti precedenti.

Ai fini Iva, ciò che interessa sottolineare è che l'esportazione "temporanea" di beni oggetto di successiva lavorazione non costituisce cessione all'esportazione ai sensi dell'articolo 8 del Dpr 633/72 e, pertanto, non concorre alla formazione del plafond. Tale operazione non costituisce, infatti, una "cessione" così come indicato dall'articolo 2, comma 1, Dpr 633/72, in quanto non vi è trasferimento del diritto di proprietà dei beni che oltrepassano la linea doganale comunitaria (cfr. circolare n. 156/E del 15/7/1999).

Gli adempimenti doganali consistono nell'emissione di una bolla di esportazione temporanea in cui va indicato il valore dei beni in uscita dal territorio comunitario. Al momento dell'importazione dei prodotti compensatori verrà emessa una bolla di importazione in cui andrà indicato il valore delle operazioni di compensazione che sono state eseguite sui beni esportati. Solo su tale valore (e non su quello intero dei prodotti compensatori) saranno corrisposti i dazi all'importazione e l'imposta sul valore aggiunto.

Il regime appena esaminato, pur portando a indubbi vantaggi fiscali è, però, poco usato, soprattutto per le difficoltà operative connesse a una serie di obblighi, da parte degli operatori nazionali, che vanno dalla richiesta della relativa autorizzazione all'assolvimento delle formalità finalizzate all'identificazione dei beni esportati contenuti nei prodotti compensatori.
Peraltro, come ribadito dal regolamento Cee n. 2913/92 "non sussiste alcun obbligo di ricorrere al regime del perfezionamento passivo, che costituisce un'agevolazione per il richiedente, il quale ha facoltà di farvi o meno ricorso".

Esportazione definitiva senza trasferimento di proprietà
Il dipartimento delle Dogane, con nota n. 1248 del 6/5/1997, ha precisato che gli operatori economici, in alternativa all'adozione del regime del "perfezionamento passivo", possono utilizzare il regime di esportazione definitiva senza passaggio della proprietà dei beni oggetto delle operazioni di compensazione.

Per quanto riguarda la presunzione di cessione di cui all'articolo 1 del Dpr 441/97, il dipartimento ha escluso che la stessa possa essere superata emettendo fattura "pro forma"; per superare tale presunzione, infatti, può essere utilizzato un documento contabile, cioè un'apposita "lista valorizzata" (elenco descrittivo dei beni coi rispettivi valori) da registrare in uno specifico registro tenuto e conservato ai sensi dell'articolo 39 del Dpr 633/72, ovvero un documento di trasporto o di consegna, di cui all'articolo 1, comma 3, Dpr 472/96, senza necessità di annotarlo nel predetto registro, in quanto, per comprovare la movimentazione dei beni, è sufficiente la conservazione, a norma del già richiamato articolo 39, di idonea documentazione (documenti di trasporto, doganali o contabili).
Tanto la lista valorizzata quanto il documento di trasporto devono essere invalidati dalla dogana con la dicitura "Non valida ai fini dell'art.8 del DPR n.633/72".

Ai fini Iva, dunque, analogamente all'esportazione temporanea, anche questa operazione non attribuisce all'operatore nazionale il beneficio della non imponibilità Iva di cui all'articolo 8, Dpr 633/72; pertanto, la relativa operazione è irrilevante ai fini della formazione del plafond Iva e del conseguente acquisto in sospensione d'imposta.
Infatti, perché si configuri una cessione all'esportazione non imponibile Iva, è indispensabile non solo la materiale uscita dei beni dal territorio comunitario, ma anche il verificarsi del trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento. Inoltre, ai fini del plafond è indispensabile anche il pagamento di un corrispettivo.

A differenza del regime precedente, però, la valenza doganale (non fiscale) della suddetta esportazione implica che, all'atto dell'importazione dei prodotti compensatori, la relativa operazione doganale si configuri come "immissione in libera pratica" dei beni medesimi: si ha, cioè, una vera e propria importazione il cui valore imponibile ai fini Iva viene commisurato al valore doganale dei beni importati, comprensivo quindi non solo del compenso pattuito per la lavorazione, ma anche del valore dei beni in precedenza esportati, nonché degli altri "eventuali" apporti utilizzati per l'ottenimento dei beni medesimi e di tutti gli altri elementi da prendere in considerazione in base alla normativa in materia di valore in dogana e all'articolo 69 del Dpr 633/72 (circolare 156/99).
Da quanto detto, si evince che tale procedura penalizza l'operatore nazionale che non abbia un plafond da utilizzare per l'importazione dei prodotti compensatori.

Con riguardo, infine, all'eventuale cessione delle merci esportate durante la loro permanenza all'estero, questa non assume alcuna rilevanza ai fini dell'imposta per mancanza del presupposto territoriale di cui all'articolo 7, comma 2, Dpr 633/72 (in quanto all'atto dell'effettiva vendita i beni stessi non sono esistenti nel territorio dello Stato italiano), e, pertanto, l'operazione è considerata fuori campo Iva.

Esportazione definitiva con trasferimento di proprietà
Secondo la circolare 156 del 15/7/1999, qualora gli operatori nazionali utilizzino la procedura dell'esportazione definitiva al posto di quella temporanea, non può escludersi, in linea di principio, la volontà degli stessi di realizzare una vera e propria cessione all'esportazione non solo ai fini doganali ma anche ai fini Iva.

In tal caso, affinché l'invio all'estero di beni da sottoporre a lavorazione sia qualificabile come cessione all'esportazione di cui all'articolo 8 del Dpr 633/72, è necessario che la proprietà degli stessi venga trasferita all'acquirente estero (trasformatore) anche con contratto verbale e che risulti pagato il relativo corrispettivo, anche mediante la compensazione finanziaria delle posizioni debitorie e creditorie intercorrenti tra le parti.
L'onerosità dell'operazione, infatti, è indispensabile ai fini della formazione del plafond Iva e dell'attribuzione in capo al soggetto esportatore dello status di esportatore abituale (cfr. nota 11/2/1998 del ministero delle Finanze).

Pertanto, al momento dell'esportazione, si dovrà presentare in dogana la dichiarazione doganale unitamente alla fattura di vendita emessa nei confronti del "trasformatore/cessionario", realizzando così una vera e propria cessione all'esportazione. All'atto della reintroduzione dei beni, realizzandosi un'importazione, si dovrà corrispondere l'Iva sul valore intero dei beni importati, con l'eventuale utilizzazione del plafond precedentemente formato.
Tale procedura, dunque, riconoscendo al soggetto esportatore il diritto di effettuare, in presenza delle condizioni sopra descritte, acquisti e importazioni senza applicazione dell'imposta, fa sì che l'impatto fiscale a cui l'esportatore medesimo è sottoposto, sia sostanzialmente allineato con quello derivante dall'applicazione del regime del perfezionamento passivo.
Ovviamente, le operazioni di esportazione e di importazione devono essere distintamente registrate dall'operatore nazionale anche in presenza di una compensazione finanziaria tra posizioni creditorie e debitorie reciproche con l'operatore estero.

 
Milva Anna Elena Bevacqua

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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