Provvedimenti possessori, si cambia 'registro' - Risoluzione n. 257/E del 20 settembre 2007.


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Provvedimenti possessori, si cambia 'registro' - Risoluzione n. 257/E del 20 settembre 2007.
Autore: Massimiliano De Simone - aggiornato il 20/09/2007
N° doc. 3964
20 09 2007 - Edizione delle 15:30  
 
Risoluzione n. 257/E del 20 settembre 2007

Provvedimenti possessori, si cambia "registro"

Soggette a imposta le ordinanze di accoglimento o rigetto delle istanze di manutenzione o reintegrazione
 
Per effetto della riforma del Codice di procedura civile, le ordinanze di accoglimento o di rigetto delle istanze di manutenzione o reintegrazione nel possesso, pur non seguite dal giudizio di merito, sono in grado di incidere sulla controversia alla stregua di una sentenza, anticipandone in tutto o in parte i contenuti. Tali atti giudiziari, di conseguenza, rientrano fra quelli da assoggettare a imposta di registro. L'indicazione è arrivata dall'agenzia delle Entrate, attraverso la risoluzione n. 257/E del 20 settembre.

Con la pubblicazione del documento di prassi viene aggiunto un ulteriore tassello al complesso mosaico di interpretazioni e interventi dottrinari che sono stati prodotti, nell'ultimo biennio, a commento della citata riforma, introdotta in sede di conversione del Dl 35/2005.

Per comprendere meglio i termini della questione, occorre premettere sintetici cenni al quadro normativo vigente in materia di tutela civilistica del possesso.
Le azioni di manutenzione e reintegrazione nel possesso, cosiddette possessorie, sono disciplinate dagli articoli 1168 e 1170 del Codice civile. Legittimati a esperirle sono i soggetti titolari del possesso di un bene mobile o immobile. Quest'ultimo è definito dall'articolo 1140 del Codice civile come "il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale". In sostanza, si tratta di una mera signoria di fatto sul bene, assimilata ope legis a una situazione giuridica soggettiva e assistita, a determinate condizioni, da un regime di tutela giudiziale (perché il possesso possa essere riconosciuto dall'ordinamento, devono concorrere un elemento materiale, il corpus, vale a dire la materiale relazione con il bene, e un elemento psicologico, l'animus rem sibi habendi, cioè l'intenzione di ritenere la cosa come propria).

Chiunque sia stato spogliato del possesso di un bene può esercitare l'azione possessoria, ove ne ricorrano le condizioni (ad esempio, il possesso del quale si chiede la tutela deve aver avuto inizio in modo non violento o clandestino). Tale azione, pertanto, è posta a presidio di una situazione di fatto, il possesso, che l'ordinamento giuridico assimila, per alcuni profili, alla piena proprietà dei beni, pur riconoscendone la natura affievolita rispetto ai diritti reali.

Quanto agli aspetti procedurali, il procedimento giudiziario finalizzato all'adozione dei provvedimenti possessori, rientrante nella categoria dei procedimenti speciali a cognizione sommaria, è disciplinato nel titolo IV del libro IV del Codice di procedura civile (articoli 703 e seguenti). Prima della riforma, tale procedimento assolveva a una funzione meramente interlocutoria: il giudice, difatti, dopo aver adottato la relativa ordinanza e a pena dell'inefficacia della stessa, era tenuto a incardinare d'ufficio il giudizio di merito petitorio, vale a dire l'azione giudiziale - a cognizione piena - finalizzata ad accertare la titolarità del diritto di proprietà sul bene.
La natura necessariamente "bifasica" del procedimento possessorio era stata ribadita dalle sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 1984/1998.

Passando ai profili tributari della fattispecie, la tassazione degli atti giudiziari, ai fini dell'imposta di registro, è disciplinata dall'articolo 37 del relativo Testo unico, a mente del quale vanno sottoposti a registrazione solo "gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio". Il concetto è ribadito dall'articolo 8 della tariffa, parte prima, allegata al medesimo Testo unico, che, nell'individuare gli atti giudiziari soggetti a registrazione in termine fisso, e le relative aliquote, riproduce la medesima locuzione già contenuta nel sopra citato articolo 37.

Dal punto di vista strutturale, questi provvedimenti, prima della riforma, erano connotati dai caratteri della strumentalità e della provvisorietà, e questa circostanza comportava che gli stessi, essendo meramente transitori, destinati cioè a confluire necessariamente in un giudizio di merito senza assumere l'idoneità a definire la controversia, fuoriuscissero dall'orbita dell'imposta di registro.
Prima della riforma era pacifica, pertanto, la non tassabilità dei provvedimenti possessori.

Su questo quadro normativo si è innestata la riforma del 2005, con la quale il legislatore, con l'intento di perseguire una deflazione del contenzioso civile, ha attribuito natura meramente eventuale alla fase di merito, rimettendo alle parti l'iniziativa del giudizio petitorio. In tal modo, quando quest'ultimo non venga attivato, l'ordinanza possessoria continua a produrre i propri effetti, pur senza passare in giudicato. Ne consegue che i provvedimenti possessori risultano dotati di una maggiore stabilità.

Pertanto, attualmente, l'ordinanza di accoglimento o rigetto delle istanze di manutenzione o reintegrazione nel possesso che non sia seguita dal giudizio di merito, lungi dal configurarsi come meramente interinale, è suscettibile di disciplinare stabilmente il rapporto giuridico controverso, dato che essa è già di per sé idonea a soddisfare le ragioni delle parti. Gli effetti, dirompenti, di tale novella legislativa si sono propagati fino al punto di mettere in discussione lo stesso regime fiscale di tali ordinanze, ribaltando consolidate categorie esegetiche e rendendo inattuale la prassi amministrativa corrente.

Lo conferma la lettura della risoluzione in commento, con la quale l'agenzia delle Entrate, esaminato il mutato assetto normativo della fattispecie, prende atto del fatto che le ordinanze possessorie, nell'attuale economia del procedimento civile, sono in grado di incidere sulla controversia alla stregua di una sentenza, anticipandone in tutto o in parte i contenuti, traendo da tale circostanza la conclusione che esse possono rientrare nel novero degli atti giudiziari da assoggettare a registrazione in base all'articolo 37 del Testo unico dell'imposta di registro.

A sostegno di questa asserzione viene citata un recente intervento della Corte di cassazione (sentenza del 10 maggio 2007, n. 10715) in cui, in linea con quanto, peraltro, già sostenuto dai giudici di piazza Cavour nella già menzionata sentenza 1984 del 1998, si afferma che "il provvedimento con cui il Giudice a conclusione della cosiddetta fase interdittale abbia accolto o persino respinto il ricorso possessorio senza rimettere le parti davanti a sé per la trattazione della causa di merito, cosi concludendo definitivamente il giudizio, ha natura di sentenza, indipendentemente dalla diversa definizione (ordinanza) datogli dal Giudice, come nel caso in esame, ed è quindi impugnabile mediante appello.".

 
Massimiliano De Simone
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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