Pvc sufficiente come prova di evasione.


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Pvc sufficiente come prova di evasione.
Autore: Luca Cogliandro - aggiornato il 10/10/2007
N° doc. 4285
10 10 2007 - Edizione delle 17:00  
 
Commissione tributaria regionale di Roma, sentenza 77/10/2007

Pvc sufficiente come prova di evasione

L'ufficio non è obbligato a valutazioni e integrazioni di quanto già accertato dalla Guardia di finanza
 
La prova dell'evasione, costruita dalla Guardia di finanza e riportata nel processo verbale di constatazione redatto al termine delle operazioni di verifica, è valida qualora i vari indizi rilevati dai militari siano assistiti dai requisiti di gravità, precisione e concordanza nel senso dell'inesistenza dell'operazione e con riferimento al complesso delle circostanze rilevate dai verificatori. L'ufficio finanziario può legittimamente utilizzare l'atto istruttorio della Gdf non incombendo, in capo a esso, alcun onere aggiuntivo in termini di motivazione: sotto tale ultimo aspetto, è sufficiente il mero rinvio a quanto dedotto dalla Guardia di Finanza (motivazione per relationem).
Questo, in sintesi, il contenuto della sentenza 77/10/2007 della Commissione tributaria regionale di Roma.

Il giudizio di primo grado avanti alla Commissione tributaria provinciale
La controversia in questione conseguiva a una verifica fiscale della Guardia di finanza, conclusa con processo verbale di constatazione ove veniva contestato alla società l'utilizzo di fatture emesse a fronte di operazioni inesistenti. Sulla scorta del predetto pvc, l'ufficio Iva emetteva e notificava avviso di rettifica, con il quale veniva recuperata a tassazione l'indebita detrazione di costi, di cui alle fatture in questione.

L'avviso di rettifica traduceva in atto impositivo impugnabile l'atto istruttorio endoprocedimentale della Guardia di finanza ritenendolo validamente motivato e assistito da idoneo supporto probatorio: l'ufficio finanziario riteneva di emettere l'atto avvalendosi della motivazione per relationem cioè di motivazione non esplicitata nell'atto, ma implicitamente presente in quanto effettuata per richiamo a quanto già dedotto dalla Gdf, le cui risultanze si intendevano, per testuale indicazione, inserite nell'avviso di rettifica, integralmente riportate (l'atto richiamato era comunque conosciuto dalla parte).

Con ricorso, la società impugnava l'atto, sostenendo di averlo definito sotto il profilo formale, avvalendosi della sanatoria ex articolo 50 della legge 413/1991, evidenziava altresì che, nel merito, la pretesa tributaria era infondata in quanto l'ufficio aveva acriticamente recepito il pvc di constatazione della Guardia di Finanza e comunque, quand'anche si ritenesse valida la motivazione "per relationem", i verificatori non avevano correttamente provato quanto contestato, limitandosi a evidenziare "meri indizi" del tipo che "le fatture sarebbero state emesse al solo scopo di sistemare bilanci di società facenti capo allo stesso gruppo, come si legge nel pvc di cui in narrativa"; venivano poi contestate, dal ricorrente, le ulteriori asserzioni dei verificatori, con conseguente richiesta di annullamento dell'atto.

La Commissione tributaria provinciale, accoglieva il ricorso, affermando che "E' giurisprudenza consolidata che i verbali della Guardia di finanza, in quanto provenienti da organi di collaborazione degli Uffici tributari, sono semplici constatazioni di fatto e, come tali, non possono avere uguale efficacia probatoria per le valutazioni ed interpretazioni dei fatti e delle dichiarazioni e per gli altri elementi reperiti, che restano riservati agli Uffici tributari. Nel caso di specie occorreva, ad avviso della Commissione, quantomeno il reperimento di ulteriori elementi e documenti ai fini della prova dell'esistenza di operazioni inesistenti, prova che l'Ufficio non ha fornito neanche nel corso del presente processo".
La Ctp accoglieva il ricorso, esprimendo così da un lato il principio della invalidità dell'avviso di accertamento motivato "per relationem" al pvc della Guardia di finanza, e dall'altro la mancata prova dell'evasione da parte dell'Amministrazione.
La sentenza dei giudici di prime cure era dunque in contrasto con ormai delineata e pacifica giurisprudenza in tema di motivazione per relationem e, per tale prioritario motivo, era sottoposta a gravame da parte dell'Amministrazione finanziaria.

I fondamenti dell'impugnazione della sentenza da parte dell'Amministrazione finanziaria
L'ufficio appellante riteneva che la motivazione della sentenza di primo grado, così motivata, fosse supportata da principi invalidi:
  • il processo verbale di constatazione non avrebbe valore probatorio, ma sarebbe una mera "constatazione di fatto"
  • l'efficacia probatoria delle valutazioni dell'ufficio avrebbe un grado (quantomeno di apprezzabilità) "superiore" rispetto a quelle effettuate dalla Guardia di finanza
  • conseguenza dei due assunti di cui ai punti precedenti sarebbe la invalidità della motivazione "per relationem".

L'invalidità dei predetti assunti, secondo l'ufficio, poteva essere desunta dalla pacifica e ormai definita conclusione che "la funzione informativa della motivazione viene rispettata anche dalla c.d. "motivazione per relationem", che rinvia di solito ad un precedente verbale di ispezione ed è da ritenere legittima se l'atto a cui fa riferimento è in possesso del contribuente ed è idoneo ad illustrare le ragioni della rettifica"(1). La conclusione in questione, veniva evidenziato, è ormai pacifica anche in giurisprudenza (Cassazione 25146/2005, 17243/2003, 10205/2003, 2780/2001). In sostanza, viene affermato che la motivazione per relationem significa semplicemente che l'ufficio, condividendo le conclusioni raggiunte nel processo verbale di constatazione, ha inteso realizzare una economia di scrittura, la quale, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cassazione 8253/2006). Sulla scorta delle predette argomentazioni, l'ufficio evidenziava dunque validità della motivazione per relationem.

Un secondo motivo di impugnazione era finalizzato a sostenere la validità della prova dell'inesistenza delle operazioni secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit.
Infatti, ai fini della riforma della sentenza di primo grado, era ulteriormente necessario, una volta evidenziato il principio della sussistenza e validità della motivazione dell'atto, per relationem al processo verbale della Guardia di finanza, dimostrare la inesistenza dell'operazione contestata, sulla base delle circostanze dedotte nel processo verbale di constatazione redatto dai militari operanti e allegato nel giudizio di appello ex articolo 58, comma 2, del Dlgs 546/1992.

L'indagine della Guardia di finanza
Con riferimento alla prova della inesistenza delle operazioni, la stessa era stata costruita sulla base di un controllo incrociato tra la società Alfa e la società sottoposta a verifica. Nel corso dell'operazione, veniva rinvenuta una fattura, emessa dalla prima società per un valore imponibile consistente, riferita, secondo i militari operanti, a un'operazione inesistente tendente a sistemare i bilanci del gruppo. E infatti, premesso che appunto le due società appartenevano allo stesso gruppo societario, i verificatori rilevavano che:

  • l'originale della fattura rinvenuta presso Alfa non recava l'oggetto della prestazione, mentre la copia acquisita presso la società verificata recava invece, quale oggetto, "ricerche di mercato e consulenza commerciale" ed era stata annotata nelle scritture contabili
  • la società verificata non è stata in grado di fornire i nominativi delle persone fisiche che materialmente hanno effettuato le prestazioni fatturate né di esibire la documentazione, anche contabile, relativa alle prestazioni di servizio fatturate.

Dal controllo incrociato emergeva ancora che:

  • a fronte delle prestazioni effettuate da Alfa non era stato effettuato alcun pagamento, ma semplici compensazioni cliente/fornitore
  • la fattura emessa da Alfa, oltre a non recare la descrizione dell'operazione, era accompagnata da un appunto manoscritto contenente l'indicazione dei dati necessari alla compilazione del documento. Dall'esame di tale appunto, risultava che la fattura doveva essere emessa al termine dell'esercizio sottoposto a controllo, nei confronti della società verificata, con la specificazione dell'oggetto delle prestazioni da indicare e l'ulteriore specificazione del ricevimento di una fattura di pari importo nei giorni successivi.

Queste ulteriori incongruenze (inesistenza di pagamenti effettivi, appunti preparatori di operazioni in prossimità di chiusura dell'esercizio, incongruenza delle descrizione delle operazioni oggetto della fattura), unite a quelle già evidenziate, conducevano alla conclusione che la fattura era "stata emessa a fronte di operazioni del tutto inesistenti, al solo fine di "sistemare" i bilanci di società facenti capo allo stesso gruppo", ulteriormente confermato dalle circostanze che l'amministratore della società verificata era presidente del consiglio di amministrazione di entrambe le società e che, come annotato in calce all'appunto, la società Alfa aveva ricevuto, a sua volta, dalla società verificata una fattura per un importo corrispondente alla fattura oggetto del recupero.
Ulteriori specificazioni erano illustrate nel pvc della Guardia di finanza.

Il valore giuridico probatorio degli elementi rilevati in sede di verifica: il criterio dell'id quod plerumque accidit
La ricostruzione dei verbalizzanti della Guardia di finanza, con particolare riferimento alla prova della inesistenza delle operazioni, era giuridicamente apprezzabile, secondo l'agenzia delle Entrate appellante: nel processo tributario, la prova non deve avere il requisito della certezza assoluta, come avviene nel processo penale, ma è legittimamente fornita per presunzioni, assistite dai requisiti della gravità (nel senso di seria riferibilità del fatto noto al fatto ignoto), precisione (nel senso della connessione quantitativa tra fatto noto e fatto ignoto) e concordanza (esistenza di elementi che non sono in contrasto ma concordano, determinando quindi la "promozione" dell'indizio al livello di prova). Orbene, gli elementi di prova erano tutti presenti nel processo verbale di constatazione, dotati dei requisiti di gravità e precisione, e concordanti nel senso dell'inesistenza dell'operazione.

L'idoneità del metodo seguito dai verificatori deve essere valutata tenendo conto che le conclusioni sono raggiunte secondo parametri di rilevante probabilità logica (criterio dell'id quod plerumque accidit) con riferimento al complesso delle circostanze rilevate dai verificatori.
Occorre rilevare che uno solo dei predetti elementi riscontrati nell'indagine non è idoneo a costituire il fondamento della pretesa tributaria, rappresentando un mero indizio. Invece, come è accaduto nel caso di specie, più indizi possono diventare componenti o tasselli di prova presuntiva, quando i fatti diversi cui si riferiscono presentino consistenza e modalità tali da giustificare detta valutazione di rilevante probabilità logica (Cassazione 16424/2002), come è avvenuto, con tutta evidenza, nel caso di specie.
Pertanto, nel giudizio di appello, l'agenzia delle Entrate ha evidenziato che la prova dell'evasione è stata fornita dalla Guardia di finanza e correttamente recepita dall'ufficio impositore, e che non sussiste alcun obbligo ulteriore, in capo all'ufficio, di effettuare valutazioni o integrazioni di quanto dedotto nel processo verbale di constatazione, conseguenza questa dalla validità della motivazione per relationem sussistente nell'atto di accertamento. E' stato altresì specificato che, comunque, non è stata fornita alcuna valida controprova dalla società, né nella fase istruttoria, né nella fase processuale, ove sono state effettuate solo generiche contestazioni.

La sentenza della Commissione tributaria regionale
Investita della suddetta problematica, la Commissione tributaria regionale di Roma ha aderito integralmente alla tesi dell'agenzia delle Entrate, riformando la sentenza di primo grado, dichiarando valido l'operato dell'Amministrazione finanziaria e condannando la società al rimborso delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Per quanto riguarda la validità della motivazione per relationem, la sentenza si è conformata alla giurisprudenza ormai costante, precedentemente richiamata. In merito all'inesistenza dell'operazione, la Commissione ha osservato che "dall'attenta lettura del p.v.c. risulta che la società in questione non è stata in grado di fornire i nominativi delle persone fisiche che materialmente hanno effettuato le prestazioni fatturate e né ha esibito la documentazione, anche contabile, relativa alle prestazioni di servizio fatturate e la prova dell'evasione è stata fornita dalla Guardia di Finanza e recepita dall'Ufficio che non ha alcun obbligo ulteriore di effettuare valutazioni ed integrazioni di quanto dedotto nel p.v.c. I vari indizi rilevati dai militi diventano dei tasselli di prova presuntiva con i requisiti di gravità, precisione e concordanza nel senso dell'inesistenza dell'operazione e con riferimento al complesso delle circostanze rilevate dai verificatori".

NOTE
1. R. Lupi, Manuale giuridico professionale di diritto tributario.

 
Luca Cogliandro
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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