Reddito di lavoro autonomo I professionisti del 'tutto spesato'


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Reddito di lavoro autonomo I professionisti del 'tutto spesato'
Autore: Mario Cermignani - aggiornato il 25/07/2006
N° doc. 1667
25 07 2006 - Edizione delle 12:15  
 
Reddito di lavoro autonomo

I professionisti del "tutto spesato"

Tra i compensi computabili anche i proventi percepiti dal committente sotto forma di rimborsi
 
L'articolo 54, comma 1, del Tuir prevede che il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni sia costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o natura percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese inerenti sostenute nel periodo stesso; il successivo comma 5 stabilisce, tra l'altro, che le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande in pubblici esercizi sono deducibili per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell'ammontare dei compensi percepiti nel periodo d'imposta.

I compensi che concorrono a formare il reddito di lavoro autonomo sono costituiti, dunque, dalle erogazioni che i committenti corrispondono a professionisti e artisti nel periodo d'imposta considerato, sia in denaro che in natura; pertanto rientrano tra i compensi professionali anche i proventi percepiti dal committente sotto forma di rimborsi di spese inerenti alla produzione dello stesso reddito di lavoro autonomo (cfr risoluzione n. 69/E del 21 marzo 2003).

Nel caso in cui il lavoratore autonomo sostenga direttamente le spese di viaggio, vitto e alloggio, con successivo riaddebito delle stesse (elencate in fattura in modo specifico e dettagliato) alla società committente, esse concorreranno, come detto, alla formazione del reddito di lavoro autonomo e, correlativamente, saranno deducibili dallo stesso lavoratore autonomo, se e in quanto siano inerenti all'attività professionale o artistica svolta e siano debitamente documentate, nei limiti del 2 per cento dell'ammontare complessivo dei compensi percepiti nel periodo d'imposta (per quanto concerne le spese di vitto e alloggio, ai sensi del citato articolo 54, comma 5, del Tuir) e senza limitazioni d'importo, per quanto concerne le spese di viaggio (salvo il caso delle spese relative all'utilizzo degli autoveicoli, deducibili in misura pari al 50 per cento del relativo ammontare).

Inoltre, i compensi di cui trattasi sono soggetti al regime ordinario proprio dei compensi professionali e, pertanto, su di essi deve essere applicata la ritenuta d'acconto di cui all'articolo 25 del Dpr n. 600/73, anche sulla parte rappresentata dai rimborsi delle spese di viaggio, vitto e alloggio (risoluzione ministero delle Finanze 20/3/1998, n. 20; risoluzione Agenzia delle entrate n. 69/2003).

Con riguardo, infine, al trattamento applicabile alle spese di vitto, alloggio e viaggio, ai fini Iva, si precisa che, ai sensi dell'articolo 5, primo e secondo comma, del Dpr n. 633/1972, sono soggette all'imposta sul valore aggiunto le prestazioni di servizi rese nell'esercizio, anche in forma associata, delle attività stesse; a tal fine, si considerano effettuate nell'esercizio di arti e professioni le prestazioni rese dai citati soggetti che svolgono per professione abituale, ancorché non esclusiva, qualsiasi attività di lavoro autonomo, con la sola esclusione delle prestazioni di servizi inerenti a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; le spese in questione vanno, dunque, fatturate dal lavoratore autonomo, nel momento in cui vengono da quest'ultimo addebitate al committente, e assoggettate di conseguenza a Iva con aliquota ordinaria (cfr risoluzione ministero delle Finanze n. 20/1998).

Recentemente, in occasione della videoconferenza Map del 6 aprile 2006, l'Agenzia delle entrate ha puntualizzato ulteriormente questa posizione, precisando che anche le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dalla società committente per assicurarsi le prestazioni del professionista, rientrano nell'ambito dei compensi spettanti allo stesso lavoratore autonomo, con la conseguenza che il professionista dovrà fatturare alla società, oltre all'importo pattuito, anche l'importo corrispondente alle spese di albergo e ristorante.
Il quesito esaminato dall'Amministrazione finanziaria concerneva un caso in cui le spese di vitto e alloggio relative a un'attività (conferenze da tenere nell'ambito di un convegno) svolta da un professionista fuori dalla propria sede di lavoro, erano state direttamente sostenute dalla società committente e organizzatrice dell'evento; tali spese, inoltre, erano state documentate in fatture o ricevute fiscali intestate esclusivamente alla medesima società committente.

La linea interpretativa dell'Agenzia delle entrate si è incentrata, dunque, sulla completa equiparazione, sotto il profilo dell'imposizione diretta e indiretta e nel quadro della categoria dei compensi per prestazioni professionali, tra l'ipotesi in cui il professionista sostenga direttamente le spese in questione (anticipandole e poi riaddebitandole al committente) e la diversa ipotesi in cui le spese siano sostenute direttamente dal committente.

Tale indirizzo è stato peraltro confermato dal legislatore con il decreto legge n. 223 del 4/7/2006, che, all’articolo 36, ha aggiunto, nel comma 5 dell’articolo 54 del Tuir, dopo il primo periodo, il seguente: "Le predette spese sono integralmente deducibili se sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate nella fattura", eliminando, in tal modo, il predetto limite di deducibilità del 2 per cento dell’ammontare complessivo dei compensi percepiti nel periodo d’imposta; tale limite, tuttavia, continua a operare per la differente fattispecie in cui sia lo stesso lavoratore autonomo a sostenere direttamente le spese di vitto e alloggio, riaddebitandole successivamente in fattura all’impresa committente.
Le spese in questione, dunque, da un lato concorrono, se rimborsate dal committente, alla formazione del reddito imponibile del lavoratore autonomo, essendo correlativamente in capo a quest’ultimo deducibili (totalmente o parzialmente, a seconda delle differenti modalità di sostenimento finanziario delle stesse); dall’altro, costituiscono costi connessi all’acquisizione di servizi da parte di terzi, per l’impresa committente.

Tuttavia, non appare irrilevante fare, in questa sede, un accenno al diverso indirizzo interpretativo espresso dalla giurisprudenza tributaria sull'argomento: la Commissione tributaria centrale, con decisione n. 785 del 21/3/1994, ha, infatti, affermato che le somme incluse nelle fatture intestate alla società committente, quali corrispettivi di prestazioni di trasporto (ma analogo discorso vale, come è ovvio, anche per le prestazioni di vitto e alloggio) fornite ai propri amministratori, cioè a lavoratori autonomi (all'epoca della decisione le prestazioni di amministratore di società erano assimilate a una attività di lavoro autonomo), per spese inerenti all'attività sociale, non sono assoggettabili a ritenuta d'acconto dell'Irpef; ciò in quanto tali somme risultano, in realtà, corrisposte non a detti lavoratori autonomi a titolo di rimborso spese, bensì direttamente ai soggetti economici terzi che forniscono il servizio di trasporto, di vitto o di alloggio, nonché il servizio di intermediazione (agenzie di viaggi).

Si tratterebbe, pertanto, secondo i giudici, di spese effettuate per "fini sociali" e, dunque, inerenti alla specifica attività d'impresa della società committente, semprechè i relativi documenti (le fatture) contengano l'indicazione sia della società che ha pagato (intestataria del documento fiscale) sia del lavoratore autonomo che utilizza personalmente le prestazioni di trasporto vitto e alloggio nell'esclusivo interesse della società stessa.
In quest'ultimo caso, in effetti, analizzando le modalità concrete attraverso le quali le spese in questione vengono finanziariamente sostenute, emerge, sotto il profilo fiscale, la loro natura di costi strettamente inerenti all'attività d'impresa esercitata dalla società committente, in quanto correlati ad attività economiche da cui derivano ricavi tipici (articolo 109, comma 5, Dpr n. 917/1986).

In altri termini, supponiamo che l'impresa committente si occupi principalmente di organizzare convegni o conferenze tematiche e intenda, in relazione a tale attività, fruire della partecipazione di esperti in qualità di relatori; sarà difficile, sia sul piano logico-giuridico che, soprattutto, su quello economico, sostenere che, ad esempio, le spese di vitto e alloggio sostenute per tali esperti direttamente dalla società committente (e documentati con fatture a essa esclusivamente intestate) non rientrino nell'ambito dei costi che l'impresa deve prevedere e affrontare per realizzare il risultato economico tipico della propria attività.

In sintesi, secondo l'indirizzo interpretativo giurisprudenziale, è necessario individuare con esattezza, nel concreto, la natura della specifica spesa e la sua imputabilità: nel caso in cui le spese di cui trattasi siano sostenute in anticipo dal lavoratore autonomo (con fatture emesse dal fornitore e intestate allo stesso professionista) e poi da quest'ultimo addebitate al committente, esse costituiscono effettivamente spese imputabili al lavoratore autonomo, rientranti, nei termini sopra specificati, nel compenso professionale (e quindi tassate come reddito di lavoro autonomo), nonchè deducibili nei limiti previsti dalla normativa di riferimento; se, invece, si tratta di spese pagate direttamente dalla società committente, sostenute nel suo esclusivo interesse e inerenti all'ambito della propria attività economica, integrano costi propri dell'impresa (e non del professionista), deducibili esclusivamente dal reddito di quest'ultima ai fini della determinazione dell'imponibile fiscale.
 
Mario Cermignani
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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