Scadenza festiva, anche la decadenza riposa.


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Scadenza festiva, anche la decadenza riposa.
Autore: Angelo Buscema - aggiornato il 09/07/2007
N° doc. 3623
09 07 2007 - Edizione delle 16:30  
 
Sentenza n. 12998 del 4 giugno 2007

Scadenza festiva, anche la decadenza riposa

Applicabile all’istituto la proroga “codicistica” del termine al giorno successivo
 
La disposizione del Codice civile (articolo 2963) in base alla quale "se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo", configura un principio generale applicabile, in assenza di diversa previsione, anche in materia di decadenza e in relazione alla materia tributaria. Il tutto in considerazione del fatto che l’articolo 2964 del Codice civile dichiara inapplicabili alla decadenza soltanto le norme relative alla interruzione e alla sospensione della prescrizione, e che le norme disponenti decadenze devono essere interpretate in senso favorevole al soggetto onerato e, quindi, secondo il criterio del tempo utile. Questo l’importante principio stabilito dalla sentenza n. 12998, depositata il 4 giugno 2007, della Corte di cassazione.

Riflessioni
Per il computo dei termini nel processo tributario valgono le regole dettate dalle norme civilistiche (articoli 2963 cc e 155 cpc), fatta salva la sospensione feriale (dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno). In particolare, va precisato che per il computo a giorni non si tiene conto del giorno iniziale (dies a quo), mentre viene conteggiato nel calcolo numerico dei giorni utili quello finale (dies ad quem). Nel caso in cui il giorno di scadenza sia un giorno festivo, la scadenza del termine è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo, avendo cura di rammentare che il sabato non è considerato giorno festivo.

La sezione tributaria della Cassazione si era già pronunciata sulla sospensione feriale dei termini processuali. Con la sentenza n. 6416 del 22/4/2003, è stato chiarito che il termine utile per proporre impugnazione, ai sensi dell’articolo 327 cpc va computato aggiungendo, al termine annuale, i quarantasei giorni del periodo feriale (1 agosto - 15 settembre) e, nel caso il termine venga a scadere in concomitanza con un giorno festivo, la scadenza si protrae il giorno lavorativo immediatamente successivo.

Un termine viene detto perentorio se un dato atto o una data attività deve essere compiuta entro il lasso temporale di scadenza del medesimo. Se il termine non viene rispettato, l’atto o l’attività, pur se eventualmente compiuta, risulta inutile, nel senso che non viene considerata utile ai fini di certi effetti favorevoli, con conseguente applicazione di effetti sfavorevoli. Un termine viene detto, invece, ordinatorio, se, all’inosservanza del medesimo, non sono previste effetti sfavorevoli.

Diversamente dal termine perentorio, la funzione del termine ordinatorio è quella di “ordinare” l’attività amministrativa, indirizzandola verso determinate procedure ed esiti; per cui, il non rispetto non comporta il verificarsi di decadenze e l’applicazione di effetti sfavorevoli. Viceversa, la funzione del termine perentorio è quella di obbligare, in termini assoluti, il compimento di una data attività entro un determinato lasso temporale, al fine di fornire tempestività e certezza temporale all’attività medesima.

Alla base e a fondamento del termine perentorio, vi è un giudizio di valore, nel senso che la previsione di un termine di tal genere esprime l’importanza che il legislatore conferisce al tempestivo compimento di quella data attività. All’interno della categoria dei termini ordinatori, occorre distinguere, poi, i cosiddetti termini “sollecitatori”, cioè quei termini diretti a “sollecitare” il tempestivo compimento di una data attività, senza prevedere alcun effetto negativo in caso di mancato rispetto. Invero, date le eguali conseguenze previste, il termine sollecitatorio si distingue ben poco da quello ordinatorio.

Il termine ha, senza alcun dubbio, carattere perentorio qualora la legge preveda una decadenza. Il problema sorge quando la legge nulla dice in merito. Secondo una prima ricostruzione, la qualificazione del medesimo come perentorio dipende dalla particolare esigenze perseguita dalla legge; i termini fissati dalla stessa per l’esercizio di un diritto hanno natura ordinatoria, salvo che non sia disposto espressamente il contrario, o che la perentorietà sia desumibile da concrete ragioni pubblicistiche di buon andamento dell’azione amministrativa.

E’ importante la ricerca interpretativa, diretta a indagare la natura del termine, che investa gli scopi perseguiti dalla legge, i quali possono fornire preziosi e decisivi ragguagli al riguardo.
Per attribuire il carattere perentorio a un termine fissato dal legislatore, non è necessario rinvenire un’esplicita previsione al riguardo, potendosi attribuire tale carattere anche in considerazione degli scopi perseguiti dalla legge.

Secondo un diverso orientamento della Cassazione (sentenze nn. 21498/2004 e 7058/1999), anche in materia tributaria la decadenza deve essere (ed è) espressamente prevista (vedi articoli 43 del Dpr n. 600/1973, 17 del Dpr n. 602/1973, 57 del Dpr n. 633/1972, 76 e 77 del Dpr n. 131/1986), sicché, in mancanza di un’esplicita previsione, il termine fissato da una legge per il compimento di un atto ha efficacia meramente esortativa (cioè costituisce un invito a non indugiare) e l’atto può essere compiuto dall’interessato fino a quando ciò non gli sia precluso dalla sopravvenuta prescrizione del relativo diritto.

 
Angelo Buscema
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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