Sospensione dei termini decadenziali ad ampio respiro - Sentenza n. 7177 del 23 marzo 2007.


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Sospensione dei termini decadenziali ad ampio respiro - Sentenza n. 7177 del 23 marzo 2007.
Autore: Mauro Di Biasi - aggiornato il 17/04/2007
N° doc. 3206
17 04 2007 - Edizione delle 15:45  
 
Sentenza n. 7177 del 23 marzo 2007

Sospensione dei termini decadenziali ad ampio respiro

La norma - articolo 57, legge 413/1991 - ha portata generale, estendendo i suoi effetti anche ai rapporti sorti dopo la scadenza prevista per accedere alla procedura di condono
 
Con la sentenza n. 7177 del 23 marzo 2007, la Corte di cassazione ha chiarito che, in tema di imposta di registro, il regime di sospensione dei termini di prescrizione e decadenza riguardanti l’accertamento e la riscossione delle imposte complementari e suppletive, di cui all’articolo 57 della legge n. 413 del 30 dicembre 1991, ha portata generale e si applica, conseguenzialmente, anche ai rapporti sorti successivamente ai termini di cui all’articolo 53 della medesima legge.
Inoltre, la Suprema corte, inserendosi in un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni del medesimo consesso, ha affermato la natura complementare e non principale dell’imposta dovuta a seguito di richiesta di attribuzione del valore catastale ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge n. 70/1988.

Il fatto
L’ufficio impositore emetteva, notificandolo all’inizio del 1996, un avviso di liquidazione in merito a un’imposta complementare di registro e relativi interessi nei confronti di una società in nome collettivo operante nel campo medico, che aveva acquistato, alla fine del 1991, una porzione di immobile facendo esplicita richiesta che venisse applicato il disposto di cui all’articolo 12 del Dl 70/1998, a mente del quale non sono sottoposti a verifica il valore o il corrispettivo degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a 100 volte il predetto reddito.

Avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Amministrazione finanziaria, la società ricorreva innanzi alla Commissione tributaria provinciale territorialmente competente, eccependo l’intervenuta decadenza dell’ufficio dal potere di emettere l’atto ai sensi dell’articolo 76 del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (Dpr n. 131/1986) che prevede un termine triennale di decadenza, variamente decorrente, per la richiesta al contribuente dell’imposta principale, complementare e suppletiva di registro.
La Commissione tributaria provinciale non avallava, però, la prospettazione fatta dalla società ricorrente, rilevando che, sebbene è vero che l’avviso di liquidazione fu emesso dall’ufficio oltre il termine dacadenziale di cui all’articolo 76 del Dpr 131/86, nella fattispecie doveva ritenersi operante la previsione del comma 2 dell’articolo 57 della legge 413/1991, che sospende sino al 31 dicembre 1993 tutti i termini di prescrizione e decadenza concernenti l’accertamento e la riscossione delle imposte complementari e suppletive di registro, ipotecarie e catastali.

Contro tale decisione la contribuente si appellava alla Commissione tributaria regionale veneta, ma anche i giudici tributari di secondo grado non mutavano avviso, continuando a sposare le tesi dell’Amministrazione finanziaria e a ritenere, dunque, efficace la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza ex articolo 57 della legge 413/1991, e, di conseguenza, valido l’avviso di liquidazione che l’ufficio impositore aveva notificato alla società all’inizio del 1996.
Lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 57 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, la società medica è ricorsa in ultima istanza dinanzi alla Corte di cassazione. Infatti, ad avviso della ricorrente, la norma in esame non avrebbe valenza generale, limitandosi, al contrario, a operare una sospensione dei termini di prescrizione e decadenza esclusivamente per l’azione di accertamento nei confronti delle posizioni già pendenti al momento della sua entrata in vigore. A sostegno della propria tesi, la società sottolinea come la previsione del secondo comma dell’articolo 57 introduca una proroga biennale dei termini per l’accertamento solamente con riferimento ai periodi di imposta per i quali può essere presentata dichiarazione integrativa e solamente nei riguardi dei soggetti che detta dichiarazione non hanno presentato. Ratio della disposizione, sempre ad avviso della società, sarebbe dunque quella di invogliare ad aderire al condono i contribuenti con posizioni ancora pendenti, mentre considerare la portata dell’articolo 57, legge 413/91, come generale, e quindi considerare applicabile la sospensione dei termini ivi prevista anche a posizioni sorte successivamente ai termini stabiliti dalla disposizione stessa, porterebbe a far trovare in posizione deteriore contribuenti che non godono più della possibilità di accedere al condono stesso, rispetto a coloro che, invece, di tale procedura hanno potuto beneficiare.

La decisione della Corte
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 7177/2007 in commento, ha dato ragione all’Amministrazione finanziaria, confermando la decisione della Commissione tributaria regionale. Ad avviso, infatti, dei Supremi giudici, non essendovi ragioni per condividere l’interpretazione restrittiva avanzata dalla società ricorrente, le disposizioni di cui all’articolo 57, comma 2, della legge n. 413/1991 sono da intendersi come aventi una portata generale e quindi in grado di estendere i loro effetti anche ai rapporti sorti successivamente alla scadenza dei termini a disposizione per il contribuente per accedere alla procedura di condono (articolo 53, legge 413/1991).

Risolta in tal modo la questione dell’ambito di applicazione della sospensione dei termini per l’accertamento e la riscossione delle imposte complementari e suppletive di registro, ipotecaria e catastale, i giudici di piazza Cavour sono passati a indagare la natura dell’atto impugnato oggetto del giudizio, ovvero la natura dell’avviso di liquidazione emesso a seguito della richiesta di attribuzione del valore catastale ex articolo 12 del Dl 70/1988 (convertito nella legge 154/1998). La questione non è di poco conto, in quanto la chiara lettera del secondo periodo del secondo comma dell’articolo 57 afferma che sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza riguardanti l’accertamento e la riscossione delle sole imposte complementari e suppletive, escludendo, quindi, chiaramente dal regime di sospensione l’imposta principale.

Per dare risposta a tale interrogativo, la Corte ha preso le mosse dal dettato dell’articolo 42 del Dpr 131/1986, che definisce principale l’imposta applicata al momento della registrazione dell’atto, suppletiva quella applicata successivamente e diretta a correggere errori od omissioni da parte dell’ufficio, complementare l’imposta applicata in ogni altro caso.
Sul punto, hanno rilevato i giudici di ultima istanza, esiste un contrasto tra le sezioni semplici della stessa Corte di cassazione. Secondo un primo orientamento, infatti, la differenza di imposta richiesta al contribuente dall’ufficio - differenza data dal fatto che l’imposta calcolata sulla base del valore catastale è superiore al valore dichiarato dal contribuente stesso - avrebbe natura complementare e non principale in quanto non sarebbe ricavabile sulla base dei meri elementi desumibili dall’atto. Ad avviso dell’opposto orientamento, invece, l’imposta applicata a seguito della richiesta di attribuzione del valore catastale ex articolo 12 del Dl 70/1988 è imposta principale in quanto la sua determinazione avverrebbe attraverso l’applicazione, sia pur differita, di dati certi e predeterminati.

La Corte ha ritenuto corretto il primo degli indirizzi menzionati, ritenendo insuperabile il dato testuale a mente del quale l’imposta principale è esclusivamente quella applicata sulla base del solo atto sottoposto a registrazione, mentre l’imposta complementare necessità di un’attività ulteriore da parte dell’ufficio impositore.
E’ dunque proprio il carattere residuale dell’imposta complementare che permette di escludere che nel caso di specie ci si trovi di fronte a un’imposta principale. I giudici romani hanno inoltre nettamente sconfessato l’asserzione, propria dell’indirizzo che hanno ritenuto corretto non seguire, secondo la quale l’attività amministrativa svolta a seguito di richiesta ex articolo 12 del Dl 70/1988 sarebbe attività del tutto non discrezionale, consistendo unicamente nell’applicazione di elementi predeterminati. Hanno infatti rilevato quest’ultimi come l’attribuzione del valore catastale avvenga a seguito di un articolato procedimento amministrativo che non si basa unicamente sugli elementi indicati dalle parti e desumibili dall’atto soggetto a registrazione. E la natura complementare e non principale dell’imposta in discussione deriva proprio dal fatto di esser la stessa determinata sulla base di elementi non ricavabili dall’atto sottoposto a registrazione.
Conseguenza di tutto questo è l’incontrovertibile applicazione della sospensione dei termini prescrizionali e decadenziali di cui all’articolo 57, secondo comma, della legge 413/1991 alle ipotesi di riscossione della maggiore imposta dovuta a seguito della valutazione dell’immobile sulla base del valore catastale.

In conclusione, con la sentenza n. 7177/2007, la Corte di cassazione ha precisato come, in tema di imposta di registro, il regime di sospensione dei termini di prescrizione e decadenza riguardanti l’accertamento e la riscossione delle imposte complementari e suppletive, abbia portata generale e si applichi anche ai rapporti sorti successivamente ai termini di cui all’articolo 53 della legge 413/1991, affermando, inoltre, la natura complementare e non principale dell’imposta dovuta a seguito di richiesta di attribuzione del valore catastale ex articolo 12 del Dl 70/1988.

 
Mauro Di Biasi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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