Stock option, l'esercizio dell'opzione ferma il tempo - Risoluzione n. 366/E del 12 dicembre 2007.


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Stock option, l'esercizio dell'opzione ferma il tempo - Risoluzione n. 366/E del 12 dicembre 2007.
Autore: Giovanni Civetta - aggiornato il 12/12/2007
N° doc. 4946
12 12 2007 - Edizione delle 17:00  
 
Risoluzione n. 366/E del 12 dicembre 2007

Stock option, l’esercizio dell’opzione ferma il tempo

E’ quello il momento in cui avviene l’assegnazione delle azioni e che determina quale normativa applicare
 
Per l’individuazione della disciplina fiscale applicabile, in tema di stock optino, occorre far riferimento al momento in cui le opzioni sono esercitate e non alla data di emissione e consegna delle azioni stesse.
E’ quanto chiarito con la risoluzione n. 366/E del 12 dicembre 2007. L’agenzia delle Entrate ha così fornito, sul tema, importanti precisazioni, resesi necessarie dopo le modifiche normative apportate allo specifico regime fiscale, a partire da quelle introdotte lo scorso anno con il decreto legge “Visco-Bersani”.

Quello delle stock option (ovvero l’assegnazione di azioni a condizione di particolare favore) è un sistema largamente utilizzato dalle aziende per fidelizzare o premiare determinate categorie di dipendenti.
La disciplina fiscale di tale strumento è contenuta nel comma 2 dell’articolo 51 del Tuir e precisamente nelle lettere g) e g-bis).
Con la lettera g) è disciplinato il vero e proprio “azionariato popolare ai dipendenti”, norma in cui è previsto che non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente il valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo che non può superare complessivamente nel periodo d’imposta lire 4 milioni (pari a 2.065,83 euro).
Ai fini dell’applicazione di tale disposizione, è richiesto che le azioni non siano riacquistate da parte della società emittente o dal datore di lavoro, o comunque cedute per almeno tre anni. Qualora le azioni siano cedute prima del decorso del triennio, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.

Con la lettera g-bis), è invece disciplinata la fattispecie dei piani di azionariato “individuale”, che hanno l’obiettivo di fidelizzare categorie di dipendenti o singoli dipendenti. Si tratta di una disposizione agevolativa che prevede che in caso di assegnazione di azioni a un dipendente, l’importo che non concorre a formare il reddito è costituito dalla differenza tra il valore delle azioni al momento dell’assegnazione e quanto corrisposto dal dipendente, a condizione che l’importo pagato dal dipendente sia almeno pari al valore normale delle azioni al momento dell’offerta. La non imponibilità è comunque esclusa nel caso in cui il dipendente sia titolare di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria o di partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 10 per cento. In tale evenienza, infatti, la predetta differenza concorre in ogni caso interamente a formare il reddito di lavoro dipendente.
Le disposizioni di cui alle lettere g) e g-bis) si applicano alle azioni emesse dall’impresa con la quale il contribuente intrattiene il rapporto di lavoro, nonché a quelle emesse da società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa.

Il decreto legge “Visco-Bersani” (Dl 223/2006) ha introdotto modificazioni al citato articolo 51 del Tuir, prevedendo, in particolare, che l’agevolazione fiscale sia subordinata al verificarsi di due ulteriori condizioni, ossia che il dipendente non ceda le azioni ricevute nei cinque anni successivi alla data dell’assegnazione (e che nello stesso periodo quinquennale su di esse non siano costituite garanzie in qualsiasi forma) e che il valore delle azioni assegnate non superi l’importo della retribuzione lorda annua relativa al periodo d’imposta precedente a quello dell’assegnazione.
Il mancato rispetto di tali condizioni comporta l’obbligo di tassazione nel periodo d’imposta in cui si verifica la cessione o la costituzione della garanzia, quale reddito di lavoro dipendente, ovvero la non spettanza dell’agevolazione se il valore delle azioni assegnate è superiore al limite reddituale di riferimento.

Occorre rilevare che il medesimo decreto legge 223/2006 ha stabilito che le nuove disposizioni si applicassero alle assegnazioni di azioni effettuate successivamente al 4 luglio 2006, anche se i relativi piani sono stati deliberati anteriormente al 5 luglio 2006.

La disciplina fiscale delle stock option è stata, poi, ulteriormente modificata dal collegato alla Finanziaria 2007 (decreto legge 262/2006) e dalla successiva legge di conversione (la n. 286 del 24 novembre 2006), ma la data di entrata in vigore di tale nuovo regime (3 ottobre 2006) non lo rende applicabile al concreto caso oggetto della risoluzione.
Nell’interpello, la società istante aveva, infatti, chiesto di conoscere, in presenza di un piano azionario rivolto ad alcuni dipendenti, se per la individuazione della disciplina applicabile dovesse aversi riguardo al momento in cui le opzioni erano state esercitate oppure alla data di emissione e consegna delle azioni stesse.

La fattispecie assume rilevanza per il fatto che nella prima ipotesi avrebbe trovato applicazione la disciplina previgente alle modifiche normative introdotte dal “Visco-Bersani”, in quanto l’esercizio era avvenuto prima del 5 luglio 2006, mentre nella seconda ipotesi, ossia assumendo come riferimento la data di emissione e consegna delle azioni, il riferimento sarebbe stato costituito dalle disposizioni introdotte alla disciplina dal Dl 223/2006.

Appare evidente che in tale contesto diviene di particolare importanza individuare il momento in cui far assumere rilevanza fiscale all’azione posta in essere dal lavoratore dipendente.
Con precedenti pronunce, l’agenzia delle Entrate aveva già manifestato il proprio orientamento, specificando che il trasferimento della proprietà dei titoli azionari e dei diritti in essi incorporati si perfeziona con il semplice consenso del soggetto titolare del diritto di opzione, riconducibile alla dichiarazione di esercizio del diritto di opzione medesimo (cfr risoluzione 29//2001).

Configurandosi il piano azionario come un contratto per mezzo del quale viene attribuito a una parte il diritto di esercitare un’opzione mediante una semplice dichiarazione di volontà e non essendo necessario che la parte vincolata debba emettere altre dichiarazioni di consenso, il rapporto si intende perfezionato nel momento in cui il dipendente si avvale dell’opzione e che le azioni a lui riservate rientrino nella sua disponibilità giuridica proprio nel momento in cui egli si avvale dell’opzione.

Coerentemente con le nozioni di natura civilistica che disciplinano l’assegnazione di azioni, il dipendente acquisisce il diritto partecipativo e diviene, pertanto, titolare di un diritto a disporre delle azioni - e conseguentemente di una quota parte del patrimonio netto della società - anche se la materiale attribuzione delle azioni, così come gli adempimenti delle formalità prescritte dallo stesso Codice civile (ad esempio, l’iscrizione nel libro soci), può essere demandato a un momento successivo.

Con la risoluzione 366/2007 è stato, pertanto, affermato che l’esercizio delle opzioni assegnate ai dipendenti effettuato entro la data di entrata in vigore delle nuove disposizioni fiscali, “di fatto” perfeziona il diritto dei dipendenti a ricevere le azioni e che, di conseguenza, in tale contesto trova piena applicazione la disciplina vigente al momento in cui tale esercizio è avvenuto.

 
Giovanni Civetta
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