Strumenti finanziari: Derivati, alea e principio di inerenza (1).


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Strumenti finanziari: Derivati, alea e principio di inerenza (1).
Autore: Mauro Manca - aggiornato il 02/12/2005
N° doc. 1013
02 12 2005 - Edizione delle 15:15  
 
Strumenti finanziari

Derivati, alea e principio di inerenza (1)

I contratti
 
L'interesse per le conseguenze fiscali derivanti dall'uso degli strumenti finanziari derivati da parte delle imprese, sia industriali che bancarie e finanziarie, scaturisce dalla constatazione che essi trovano un sempre più largo impiego ai più diversi fini, come risulta dai seguenti dati illustrati dalla Consob alla VI Commissione Finanze della Camera dei deputati(1) in seguito a un'indagine conoscitiva, promossa da quest'ultima, sulle problematiche relative alla diffusione di strumenti finanziari derivati:

N° imprese valore nozionale complessivo
dei derivati in essere al 30.6.2004
(mld euro)
valore di mercato complessivo dei derivati in essere al 30.6.2004
(mld euro)

di cui IMPRESE CON DERIVATI
CON VALORE DI MERCATO NEGATIVO

N° imprese valore nozionale complessivo dei derivati in essere al 30.6.2004
(mld euro)
valore di mercato complessivo dei derivati in essere al 30.6.2004
(mld euro)
Derivati su tassi di interesse
- imprese considerate operatori 34.279 106,6 -3,1 31.156 96,9 -3,2
- imprese considerate operatori non 7.901 4,4 -0,1 7.152 4,0 -0,1

TOTALE

42.180 111,0 -3,2 38.308 100,9 -3,3
Derivati su tassi di cambio
- imprese considerate operatori 3.697 9,6 -0,5 2.724 7,1 -0,5
- imprese considerate operatori non 117 0,3 0,0 57 0,1 0,0

TOTALE

3.814 9,9  -0,5 2.781 7,3 -0,5
Fonte: Consob.

Inoltre, il decreto legislativo del 28 febbraio 2005 n. 38, nel dettare le norme di recepimento in materia di principi contabili internazionali, ha riscritto ex novo l'articolo 112 del Tuir introdotto dalla riforma fiscale del 2003, relativo alla disciplina fiscale di tali contratti, così da rendere più chiara l'esposizione in bilancio e la valutazione degli effetti di tali strumenti sul risultato d'esercizio delle imprese.
In questa prospettiva di interessi, al fine di giungere a una conclusione fiscalmente rilevante in merito al profilo di inerenza dei costi sostenuti a fronte della sottoscrizione di tali contratti, si ritiene imprescindibile approfondirne preliminarmente i profili civilistici, in considerazione del fatto che una corretta qualificazione degli strumenti finanziari in esame è, evidentemente, l'unica via per determinarne il trattamento fiscale. Inoltre, se ciò è vero in generale, lo è ancor più per lo specifico tema qui in esame poiché l'evoluzione tecnica del settore finanziario è tale che si assiste a un continuo nascere di nuovi strumenti contrattuali i quali, in ogni caso, continuano a presentare alcune caratteristiche fondamentali comuni e imprescindibili (come cercheremo di mostrare), utili a fornire una sorta di "guida fiscale" al fine del loro più corretto trattamento.

I contratti
Innanzi tutto, una prima definizione della fattispecie "derivati" si rinviene nella normativa specifica del settore finanziario, in particolare all'articolo 1, comma 3, del Dlgs del 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria), dove sono qualificati come derivati i seguenti tipi contrattuali:
  • i contratti "futures" su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti
  • i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti
  • i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti
  • i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti
  • le combinazioni di contratti o di titoli precedenti.

Per quanto poi attiene ai contenuti "strutturali" ed economici rappresentati da tali contratti, il riferimento d'obbligo è alle norme regolamentari emanate da Banca d'Italia, in particolare alla circolare n. 166 del 30 luglio 1992, ove sono illustrate le obbligazioni tipiche dei sopra citati contratti derivati (quanto meno nella loro struttura di base cosiddetta plain vanilla). Al punto 5.10 della circolare n. 166, relativo alle operazioni fuori bilancio, i contratti in esame vengono così descritti:

  • "future": il contratto derivato standardizzato con il quale le parti si impegnano a scambiare a una data prestabilita determinate attività oppure a versare o a riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento
  • "option": il contratto derivato che attribuisce a una delle parti, dietro il pagamento di un corrispettivo detto premio, la facoltà - da esercitare entro un dato termine o alla scadenza di esso - di acquistare o di vendere determinate attività a un certo prezzo oppure di riscuotere un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento
  • "forward rate agreement": il contratto derivato con il quale le parti si impegnano a versare o a riscuotere a una data prestabilita un importo determinato in base all'andamento di un indicatore di riferimento
  • "interest rate swap" (IRS): il contratto derivato con il quale le parti si impegnano a versare o a riscuotere a date prestabilite importi determinati in base al differenziale di tassi di interessi diversi.

Sempre secondo la norma regolamentare, tali contratti costituisco una species del più ampio genus delle "operazioni fuori bilancio", le quali sono esemplificate nei seguenti termini:

  • garanzie prestate
  • impegni irrevocabili a erogare (ricevere) fondi a utilizzo certo e predefinito ovvero a utilizzo incerto
  • contratti di compravendita non ancora regolati (a pronti e a termine) di titoli e valute
  • contratti derivati con titolo sottostante(2) (futures, options con titolo sottostante, contratti a premio)
  • contratti derivati senza titolo sottostante collegati a tassi d'interesse, a indici o ad altre attività (futures, senza titolo sottostante, interest rate options, forward rate agreements, interest rate swaps, eccetera)
  • depositi e finanziamenti stipulati e da erogare o ricevere a una data futura predeterminata (a pronti o a termine).

In altri termini, con la locuzione operazioni fuori bilancio si fa riferimento a un insieme di operazioni (contratti) che non presentano una immediata manifestazione numeraria (certa o assimilata).

In tale quadro normativo, è andata a inserirsi la riforma societaria di cui al Dlgs 30 dicembre 2003, n. 394, il cui articolo 1, recependo la direttiva n.2001/65/Ce, ha introdotto l'articolo 2427-bis, Codice civile, che prescrive le informazioni relative al valore equo "fair value" degli strumenti finanziari da fornire nella nota integrativa del bilancio.
Il comma 5 del citato articolo 2427-bis prevede che ai fini della sua applicazione, nel silenzio della norma civilistica in tema di definizioni, per la caratterizzazione di un contratto quale strumento finanziario derivato deve farsi riferimento ai principi contabili riconosciuti in ambito internazionale e compatibili con la disciplina in materia dell'Unione europea.
Stante ciò, e a maggior ragione dopo l'emanazione del Dlgs 28 febbraio 2005, n. 38, in materia di principi contabili internazionali, il riferimento obbligato è alle previsioni contenute negli Ias 32 e 39, relativi alla esposizione in bilancio e alla rilevazione e valutazione degli strumenti finanziari.

Secondo lo Ias 39(3) (Definizioni, punto 9), un contratto derivato è uno strumento finanziario avente le seguenti caratteristiche:

  • il suo valore cambia in relazione al variare di uno specifico tasso di interesse, del prezzo di uno strumento finanziario, del prezzo di una commodity, del tasso di cambio, di indici di prezzo o di tasso, di rating del credito o indici di credito o altra variabile (talvolta tali variabili sono chiamate "sottostante")
  • non richiede un investimento netto iniziale oppure richiede un investimento netto iniziale più piccolo di quello che potrebbe essere richiesto da altri tipi di contratto da cui ci si può aspettare risposte simili al variare dei fattori di mercato
  • è regolato a data futura.

Per quanto riguarda poi la funzione economica cui tali strumenti possono essere destinati, essa è analoga a quella dei più tradizionali titoli, di natura partecipativa o meno, previsti dalle norme civilistiche. In particolare, possiamo distinguere le seguenti ipotesi:

  • gestione dei rischi finanziari (copertura, hedging)
  • riduzione dei costi di finanziamento, sfruttando le opportunità di arbitraggio esistenti tra i diversi segmenti del mercato creditizio
  • mero intento speculativo (negoziazione, trading) sfruttando le opportunità di arbitraggio esistenti tra i diversi segmenti dei diversi mercati di riferimento (tassi, cambi, merci).


1 - continua. La seconda puntata sarà pubblicata lunedì 5


NOTE:
1) Vd., VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, Indagine conoscitiva sulle problematiche relative alla diffusione di strumenti finanziari derivati. I. Bufacchi, Derivati, la Camera indagherà, Il sole 24ore, 17.09.2004.

2) Per contratto derivato con titolo sottostante si intende un contratto a termine su strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, mentre un contratto derivato senza titolo sottostante è un contratto a termine su strumenti finanziari collegati a tassi di interesse, a valute e a indici su valori mobiliari, su tassi di interesse e su valute: la distinzione è basata sull'esistenza o meno di un entità materiale sottostante cui il contratto derivato fa riferimento.

3) Vd. regolamento (CE) n. 2086/2004 della Commissione del 19 novembre 2004.

 
Mauro Manca

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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