Studi di settore: nessun timore per chi dichiara correttamente


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Studi di settore: nessun timore per chi dichiara correttamente
Autore: Agenzia delle Entrate - aggiornato il 20/06/2007
N° doc. 3523
20 06 2007 - Edizione delle 15:00  
 
Audizione in commissione Finanze del direttore delle Entrate

Studi di settore: nessun timore per chi dichiara correttamente

Nel contraddittorio gli uffici terranno conto di "tutte le situazioni rappresentate dai contribuenti"
 
Gli studi di settore "non sono uno strumento di accertamento automatico", agli uffici sono state date indicazioni precise affinché nel contraddittorio si tenga conto di "tutte le situazioni rappresentate dai contribuenti", e in particolare delle "cause di marginalità" dell'attività svolta. Lo ha ribadito oggi il direttore dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano, nel corso di una audizione in commissione Finanze della Camera.

I dati forniti sulle attività di controllo testimoniano che chi subisce un accertamento ordinario paga in media quasi tre volte in più rispetto ai soggetti che definiscono l'accertamento in base agli studi.
Dei 59.330 controlli effettuati nel 2006 su soggetti "in semplificata", 8.959 (pari al 15 per cento) hanno dato esito negativo, 6.343 (l'11 per cento) hanno generato contenzioso, 44.028 (il 74 per cento) sono stati definiti. Relativamente a questi ultimi, in particolare, 31.424 si sono conclusi con l'adesione da parte del contribuente per una complessiva maggiore imposta definita pari a 49,2 milioni di euro: in media, ogni contribuente ha perfezionato versando 1.567 euro.
Nello stesso 2006, coloro che sono stati invece sottoposti ad accertamento ordinario e hanno definito in adesione (21.025 soggetti) hanno complessivamente versato 85,5 milioni di euro: l'adesione, per ogni contribuente, è costata mediamente 4.069 euro.

"I dati - ha spiegato Romano - dimostrano che in questi anni spesso è stata data la patente di onestà fiscale a chi forse non la meritava del tutto. In molti casi si registra una congruità artificiale ottenuta alterando alcuni dati significativi ai fini dello studio di settore. Con gli indicatori di normalità si è ridotta la possibilità di eludere. È vero che quest'anno, applicando le norme decise dal Parlamento, è stata elevata l'asticella per rientrare nei parametri. Ma i redditi da cui si parte sono in molti casi irrisori o addirittura negativi. È inevitabile avere una percentuale di incremento elevata quando si parte da valori particolarmente bassi. Lo sforzo che si sta facendo è quello di rendere gli studi più precisi e aderenti alla realtà produttiva delle imprese. I problemi che possono sorgere per le attività marginali e per tutte quelle situazioni non perfettamente rappresentate dagli studi sono ben presenti agli uffici che ne terranno conto nel contraddittorio con i contribuenti. Perciò chi dichiara correttamente, non deve preoccuparsi se non rientra nei parametri. Perché la legge chiede a tutti i contribuenti, sia soggetti agli studi che non, di pagare le imposte sui redditi effettivi".

Tra i dati illustrati nel corso dell'intervento, da segnalare che, dei 132.000 controlli effettuati in base agli studi di settore sui contribuenti in contabilità semplificata per il periodo 1999-2002, il 22 per cento non ha determinato accertamento, l'8 per cento ha originato contenzioso, il 65 per cento è stato definito attraverso l'adesione in contraddittorio, l'acquiescenza o la mancata impugnazione.
Infine, relativamente all'anno d'imposta 2004, dai circa 78mila accessi brevi analizzati (su un totale di 84.801) sono emerse numerose differenze tra dati dichiarati e dati rilevati: nel 3,2 per cento dei casi l'attività effettivamente esercitata è risultata diversa da quella "dichiarata"; per il 32,6 per cento dei soggetti che avevano dichiarato cause di esclusione, l'accesso ha riscontrato la mancanza di tali cause; la percentuale arriva al 43 per cento circa per i soggetti che avevano dichiarato cause d'inapplicabilità.

I dati illustrati nel corso dell'audizione

 
r.fo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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