Tassabili i proventi da prostituzione.


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Tassabili i proventi da prostituzione.
Autore: Chiara Ciranda - aggiornato il 23/11/2007
N° doc. 4818
22 11 2007 - Edizione delle 12:00  
 
La Ctr della Lombardia ribalta la sentenza di primo grado

Tassabili i proventi da prostituzione

Se non si prova che i maggiori redditi accertati col redditometro derivano da quell'attività
 
Il mestiere più antico del mondo non sfugge alle regole del Fisco. Così ha deciso la Commissione tributaria regionale della Lombardia che, ribaltando la decisione dei giudici di primo grado, ha condannato una donna milanese a pagare oltre 68mila euro tra imposte e sanzioni per non aver dichiarato parte dei suoi redditi.

Tutto comincia nel 2005, quando il patrimonio immobiliare della donna, intestataria di diversi appartamenti a Milano e provincia e proprietaria di due auto, inizia a insospettire i funzionari dell'agenzia delle Entrate. Applicando il "redditometro" - lo strumento che permette all'Amministrazione finanziaria di determinare presuntivamente il reddito di un soggetto sulla base di alcuni parametri - l'ufficio giunge alla conclusione che i redditi della donna, relativamente agli anni 1998 e 1999, ammontano rispettivamente a circa 98mila e 87mila euro.

Da qui la richiesta di versare all'erario 68.277,67 euro tra imposte e sanzioni. Richiesta che la donna si era rifiutata di accogliere, impugnando l'atto con la motivazione che erano state riprese a tassazione delle somme derivanti da investimenti immobiliari senza che l'ufficio si fosse preoccupato di specificare la definizione tributaria di tali presunti redditi.

I giudici di primo grado le avevano poi dato ragione (leggi l'articolo "
Proventi da prostituzione non tassabili"), annullando l'atto impositivo dell'Agenzia: i proventi della prostituzione - aveva sostenuto la Commissione tributaria provinciale - non possono essere considerati redditi in "senso tecnico", per cui, fino a quando il legislatore non interverrà per disciplinare nello specifico le fattispecie che comportano la vendita del proprio corpo, i proventi che ne derivano non possono essere assoggettati a imposta, perché non sono collocabili né tra le attività illecite né tra quelle lecite.

La sentenza viene oggi ribaltata in appello. La donna ha avuto comunque un reddito - spiegano i giudici meneghini - ed è quello calcolato presuntivamente dai funzionari del Fisco. E' vero infatti che la signora ha "chiaramente provato (...) quale era la sua attività negli anni". Non ha però provato "né quale era o poteva essere l'ammontare delle somme da lei percepite, né le somme da lei spese", dato che - continuano i giudici - non è stata in grado di produrre "una documentazione idonea". Se l'avesse fatto, si sarebbe potuto stabilire con esattezza il suo reddito e di conseguenza l'ammontare dell'evasione.

 
Chiara Ciranda
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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