Transfer pricing, dall'individuazione alla risoluzione delle controversie (2).


I nostri software
 Home > Tutte le notizie ed i documenti
 
Transfer pricing, dall'individuazione alla risoluzione delle controversie (2).
Autore: Cosimo Turrisi - aggiornato il 04/12/2007
N° doc. 4903
04 12 2007 - Edizione delle 16:00  
 
Diritto tributario internazionale

Transfer pricing, dall'individuazione
alla risoluzione delle controversie (2)

I nuovi principi in materia d'Iva fissati dalle direttive comunitarie 2006/69/Ce e 2006/112/Ce
 
La determinazione del "prezzo di trasferimento" non riguarda in via esclusiva il settore dell'imposizione diretta, ma interessa anche il campo di applicazione dell'Iva, nel cui ambito si determinano fenomeni di evasione o di elusione di significativa importanza.
La direttiva comunitaria del 24 luglio 2006, n. 2006/69/Ce, adottata dal Consiglio nella medesima data, definita direttiva "anti-elusione", ha introdotto, di recente, nuove regole in riferimento alla individuazione della base imponibile Iva. In particolare, la nuova direttiva Ue, superando i principi stabiliti dalla precedente VI direttiva n. 77/388/ Cee, consente a tutti gli Stati membri di derogare alla determinazione della base imponibile in base ai corrispettivi stabiliti dalle parti negoziali. La direttiva 2006/69/Ce è confluita integralmente nel nuovo "Testo unico" dell'Iva, rappresentato dalla direttiva 2006/112/CE del 28/11/2006, entrata in vigore l'1/1/2007 in tutti Paesi membri dell'Ue e formata da 414 articoli, con la quale il Consiglio europeo ha inteso unificare tutte le disposizioni contenute nelle precedenti II direttiva n. 67/227/Cee (dell'11/4/1967) e VI direttiva n. 77/388/Cee.

La rielaborazione delle precedenti direttive in materia di Iva (recasting o rifusione) ha modernizzato, semplificato e armonizzato le norme di diritto comunitario, apportando limitate modifiche sostanziali, alcune delle quali devono essere recepite dagli Stati membri entro il termine del 1° gennaio 2008.
La nuova formulazione, senza sovvertire i principi fondamentali stabiliti in ambito comunitario, secondo cui la base imponibile Iva nelle cessioni di beni e nelle prestazioni di servizi è rappresentata dal corrispettivo pattuito tra le parti, introduce in determinati casi e a certe condizioni la regola del valore normale. Tale meccanismo alternativo di determinazione della base imponibile si applica laddove si riscontri
  • un "requisito soggettivo", individuato da transazioni tra parti collegate che, proprio per effetto di tale relazione, attribuiscono all'operazione un valore diverso da quello abitualmente praticato sul mercato
  • "una situazione oggettiva", in grado di alterare l'imposizione Iva.

L'individuazione di un valore di transfer pricing o valore normale riferibile a una base imponibile Iva, sia nei rapporti interni che nelle transazioni internazionali, trova sostanzialmente applicazione, secondo la normativa richiamata, soltanto in alcuni specifici casi:

  1. autoconsumo di servizi, effettuato da soggetti passivi del tributo
  2. cessioni di beni o prestazioni di servizi, in cui il cedente o prestatore abbia legami familiari o personali, gestionali, associativi, finanziari, giuridici o di proprietà con il destinatario e, contestualmente, il compratore o il venditore si trovi in una situazione di pro-rata o di altre limitazioni della detrazione
  3. utilizzo dell'oro da investimento per produrre oggetti preziosi.

La direttiva specifica che, per individuare il "valore normale" dei citati beni o servizi, occorre fare esclusivo riferimento al "prezzo di acquisto" ovvero al "costo di produzione". Nelle situazioni di incertezza, bisogna riferirsi, di conseguenza, al prezzo di acquisto che, in tale contesto, rappresenta il "limite inferiore" per la quantificazione della base imponibile dell'operazione economica posta in essere. Laddove, invece, dovesse sussistere una indeterminatezza anche nell'individuazione del prezzo di acquisto, si dovrà far riferimento al "costo di produzione", ovvero, in caso di prestazioni di servizi, alle spese sostenute dal soggetto passivo per l'esecuzione della prestazione, che rappresenta il parametro ultimo cui livellare, senza possibilità di scendere al di sotto, la quantificazione del valore normale dei beni e dei servizi.
Un corrispettivo sottovalutato rispetto al normale valore di mercato, infatti, può generare vantaggi fiscali o finanziari per le parti contraenti e, contemporaneamente, comportare perdite di gettito fiscale permanente (ad esempio, la società A cede beni a prezzo inferiore versando meno Iva allo Stato, mentre la società B, acquirente, soggetta a detrazione Iva limitata, paga, complessivamente, meno imposte).

Un corrispettivo sopravvalutato, a sua volta, se posto in essere da soggetti, cedenti o fornitori, che non hanno il diritto pieno alla detrazione può realizzare delle agevolazioni o riduzioni di imposta (ad esempio, la società A cede beni a prezzo maggiorato e versa più Iva allo Stato, ma così facendo altera il suo pro rata di detraibilità riferito alle operazioni esenti, mentre la società B, acquirente, corrisponde più Iva che recupera finanziariamente in quanto credito).

Le procedure internazionali per la risoluzione delle controversie
L'individuazione di fenomeni di transfer pricing in materia di Iva, determinati da transazioni internazionali intese a movimentare capitali o dividendi, in aggiramento dei divieti legislativi, rappresenta per le Amministrazioni finanziarie un obiettivo prioritario. La direttiva 2006/69/Ce, in tal senso, persegue i fenomeni elusivi o evasivi che possano alterare in modo arbitrario i prezzi degli scambi, nel rispetto del principio generale stabilito dall'articolo 73 della direttiva n. 2006/112/Ce (recasting della VI direttiva n. 77/388/Cee), che impone la determinazione della base imponibile Iva in relazione ai corrispettivi stabiliti dalle parti nell'ambito della relativa trattativa commerciale.

La nuova problematica Iva dei prezzi di trasferimento trova fondamento nella citata direttiva comunitaria di contrasto che, in quanto fonte di diritto proveniente dai trattati (Corte di cassazione, sentenza n. 24065/2006), ha efficacia diretta e prevalente sull'ordinamento interno, a prescindere dal recepimento nella normativa interna (previsto entro il 2008). La valutazione delle transazioni internazionali e la determinazione della perdita di gettito erariale coinvolgono, quindi, da subito la comunità internazionale, che dovrà integrare le diverse procedure atte a dirimere o prevenire le possibili controversie, sia tra contribuenti e Amministrazioni nazionali, sia tra autorità fiscali di Stati diversi.

I principali meccanismi internazionali finalizzati a una concorde determinazione dei prezzi di trasferimento sono:

  • le procedure amichevoli
  • gli arbitrati
  • le verifiche fiscali simultanee
  • i safe harbours
  • gli advanced pricing agreements (Apa).

Le "procedure amichevoli" sono metodi di risoluzione delle controversie che possono essere richiesti sia dal contribuente sia dalle autorità tributarie (non obbligati necessariamente a raggiungere un accordo in merito), nel cui ambito trovano applicazione le cosiddette rettifiche corrispondenti, o corresponding adjustments, dirette a eliminare in maniera diretta gli effetti della doppia imposizione. Laddove un'Amministrazione fiscale di uno Stato effettui una "rettifica in aumento dell'utile" di una impresa residente, in relazione a un'attività di controllo in materia di prezzi di trasferimento, la corrispondente autorità del Paese in cui ha sede l'altra società del gruppo interessata alla transazione rettificata può operare una rettifica in diminuzione del reddito della stessa, sia rielaborando gli importi degli utili (in corrispondenza dell'aumento imputato alla collegata altrove residente) sia concedendo alla medesima una sorta di sgravio di imposta di importo pari a quello pagato in maggiorazione dall'altro soggetto (rettifica secondaria).

Il principale difetto delle procedure amichevoli previste dai trattati per evitare le doppie imposizioni è costituito dalla discrezionalità concessa alle Amministrazioni fiscali, le quali non hanno alcun obbligo di giungere all'accordo che consenta di evitare le doppie imposizioni. A questo inconveniente si può ovviare applicando la "Convenzione Cee relativa alla eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili delle imprese associate". Tale convenzione, in l'Italia, è stata ratificata con la legge 99/1993 e prevede una "procedura arbitrale" per la soluzione delle controversie fiscali relative alla determinazione dei prezzi di trasferimento, disciplinando, altresì, in modo dettagliato le fasi e i tempi del procedimento di rettifica dei prezzi.

La legge di ratifica italiana regola gli aspetti applicativi relativi allo sgravio delle imposte e alla sospensione della riscossione provvisoria. In particolare, è previsto che il ministero dell'Economia su richiesta del contribuente, disponga che la direzione regionale competente provveda al rimborso o allo sgravio dell'imposta, non dovuta in seguito all'esito della procedura amichevole o arbitrale. Inoltre, è stabilito che lo stesso ministero possa provvedere, con decreto, alla sospensione della riscossione o degli atti esecutivi, fino alla conclusione del procedimento.

Le "verifiche fiscali simultanee", invece, consistono in un efficace strumento di accertamento che può essere posto in essere nell'esistenza di forme di collaborazione amministrativa tra le Autorità fiscali di diversi Paesi. Tecnicamente, tali attività consistono nella simultanea esecuzione di controlli, strettamente limitati al settore fiscale e il cui esito dovrà essere conosciuto solo dalle Amministrazioni degli Stati operanti, da parte di organi accertatori di due o più Paesi, al fine di acquisire, con molta più celerità e incisività che nel caso di procedure amichevoli, le informazioni e i dati necessari a riscontrare la corretta applicazione delle leggi fiscali da parte di più imprese del medesimo gruppo.

I "safe harbours", invece, fanno parte di quelle procedure preventive che mirano alla creazione di un "rapporto di fiducia" tra il contribuente e l'Amministrazione preposta ai controlli. Queste disposizioni si caratterizzano per essere rivolte a una predeterminata platea di contribuenti (non erga omnes), che viene assoggettata ad adempimenti semplificati, di carattere speciale, in base ai quale i prezzi di trasferimento sono automaticamente accettati dall'Amministrazione fiscale nazionale. Un esempio potrebbe essere dato dalla predeterminazione per alcuni operatori di parametri minimi da osservare, ma l'Ocse non consiglia tali accordi, in quanto estremamente arbitrari.

L'ultima procedura riguarda gli "advance pricing agreements". L'Apa è una forma di accordo tra l'Amministrazione finanziaria e singolo contribuente per definire i criteri per la determinazione del giusto prezzo da applicare nelle operazioni di trasferimento. Può essere sia un accordo unilaterale, che bilaterale o multilaterale; in quest'ultimi due casi, investe due o più Amministrazioni. L'avvio della procedura avviene su richiesta dello stesso contribuente il quale deve mettere a disposizione dell'Amministrazione finanziaria tutta la documentazione idonea a sostenere la ragionevolezza della proposta, fornendo tutti gli elementi utili idonei a dimostrare che l'applicazione del metodo proposto rispetti i principi dell'arm's length. Gli Apa, per la maggior parte, sono rivolti a operazioni future che andranno a incidere su esercizi successivi, pur potendo essere riferiti a questioni analoghe di esercizi non prescritti. Conclusa la fase di negoziazione, ove si raggiunga un accordo, l'Amministrazione fiscale dovrà formalizzarlo in apposito documento da ratificare secondo le procedure di ogni singolo Stato. L'agreement dovrà in ogni caso designare:

  • le società interessate all'accordo
  • la tipologie di operazioni da effettuarsi in un determinato lasso di tempo
  • il metodo adottato
  • le critical assumptions su cui si basa la validità del metodo proposto
  • gli obblighi dell'operatore verso all'Amministrazione finanziaria.

2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata lunedì 3

 
Cosimo Turrisi
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
GBsoftware S.p.A.
Sede Legale
Via B. Oriani, 153
00197 Roma
Sede Operativa
Zona Industriale Santa Maria di Sette
06014 Montone (PG)
Contatti
Tel. 06.97626328
[email protected]
Cap. Soc. € 1.000.000,00 i.v. - Rea: Rm-1065349 C.F. e P.Iva 07946271009
Invia mail a GBsoftware