Utili extrabilancio, imputazione immediata ai soci.


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Utili extrabilancio, imputazione immediata ai soci.
Autore: Marcello Chiorazzi - aggiornato il 30/01/2007
N° doc. 2049
      
30 01 2007 - Edizione delle 13:15  
 
Sentenza n. 25688 del 4 dicembre 2006

Utili extrabilancio, imputazione immediata ai soci

I redditi occulti accertati a carico di una Srl a ristretta base societaria si considerano distribuiti nell’esercizio in cui sono stati realizzati
 
Con la sentenza 4 dicembre 2006, n. 25688, la sezione tributaria della Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla distribuzione degli utili extrabilancio accertati a carico di società a ristretta base societaria, confermando, per alcuni aspetti che verranno esaminati nel prosieguo, il proprio orientamento in merito alla liceità della metodologia accertativa seguita dal Fisco, statuendo, nel contempo, alcuni importanti principi sulla imputazione temporale degli utili percepiti “a nero” dai soci.

La controversia sottoposta all’esame della Suprema corte trae spunto da un atto impositivo emesso ai fini dell’Irpef, per accertare un maggior reddito imponibile del contribuente, sulla base di un accertamento eseguito nei confronti di una società a responsabilità limitata (a ristretta base societaria), per recuperare a tassazione un maggior reddito d’impresa.

Nei due gradi di giudizio, il contribuente vedeva riconosciute le proprie doglianze, sul presupposto che:
  • l’accertamento era stato emesso a suo carico sulla base di una doppia presunzione (maggior reddito della società partecipata e distribuzione degli utili al socio) vietata dall’ordinamento
  • la distribuzione era stata erroneamente presunta nel periodo d’imposta successivo a quello oggetto di accertamento nei confronti della società.

Per quanto concerne il primo punto, la sentenza in commento ha ritenuto censurabili le argomentazioni addotte nelle sentenze di merito, secondo le quali l’avviso di accertamento sarebbe illegittimo a causa della motivazione basata su una doppia presunzione.
Sul punto, i giudici, richiamando copiosa e consolidata giurisprudenza di legittimità (cfr, in particolare, sezione V, 16 maggio 2002, n. 7174, e 11 novembre 2003, n. 16885), hanno ritenuto legittimi gli accertamenti emessi a carico dei soci di società di capitali a ristretta base societaria, statuendo che “in presenza di società di capitali a ristretta base azionaria, in caso di accertamento di utili non contabilizzati opera la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili stessi, salva la prova contraria che i maggiori ricavi sono stati accantonati o reinvestiti: operazione logica questa che non viola il divieto di presunzione di secondo grado, poiché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci”.

Difatti, come meglio argomentato nella richiamata sentenza n. 16885 del 2003, “pur non sussistendo - a differenza di una società di persone - una presunzione legale di distribuzione degli utili ai soci (cfr articolo 5 del Tuir), non può considerarsi illogica - tenuto conto della “complicità” che normalmente avvince un gruppo così composto - la presunzione (semplice) di distribuzione degli utili extracontabili ai soci”.

Relativamente al secondo principio che emerge dalla sentenza n. 25688 del 2006, la Cassazione ha ritenuto non applicabile alla distribuzione degli utili extrabilancio la disposizione contenuta nell’articolo 2433, comma 1, del Codice civile, nella parte in cui prevede che la distribuzione degli utili può essere effettuata soltanto a seguito dell’approvazione del bilancio e della relativa deliberazione.

La disposizione civilistica varrebbe, secondo la Suprema corte, salvo prova contraria, solo per gli utili “reali” che transitano attraverso il bilancio e che non possono essere distribuiti se prima non vi è stata la sua formale approvazione.
Specularmente, il principio non potrebbe applicarsi per gli utili “extrabilancio” che, secondo i giudici, “non possono contare su una deliberazione ufficiale in tal senso sicché la distribuzione va presunta avvenuta nello stesso periodo d’imposta in cui gli utili sono stati conseguiti”.

Al riguardo, la Cassazione distingue tra gestione “patologica” e “fisiologica” della società a ristretta base societaria. Più esattamente, la gestione “patologica” concerne la realizzazione e l’occultamento di utili che non possono essere trattati secondo le regole (contabili e civilistche) che disciplinano la gestione “fisiologica”, sia nel caso in cui il reddito extrabilancio sia realizzato con un’unica operazione, sia che derivi da più operazioni, anche poste in essere con carattere sistematico.
Inoltre, come meglio chiarito in altra occasione (cfr, sezione V, 15 maggio 2003, n. 7564), la presunzione di distribuzione dell’utile “extrabilancio” nell’esercizio in cui è stato realizzato è in re ipsa, posto che non occorre un’apposita deliberazione. Tale deliberazione, per sua natura, dovrebbe rimanere occulta (e quindi ignota al Fisco), al pari degli utili accertati in capo alla società a ristretta compagine sociale.

Non sarebbe, quindi, ipotizzabile, a differenza degli utili regolarmente indicati in bilancio, una delibera di distribuzione ufficiale, considerato che, per loro natura, tali maggiori redditi devono rimanere sconosciuti ai creditori e ai terzi, sia in fase realizzativa che in quella di distribuzione ai soci.
Resta, comunque, ferma la possibilità per il contribuente-socio di dimostrare in giudizio che tali maggiori redditi realizzati non sono mai stati distribuiti, ovvero che la distribuzione degli utili è avvenuta in un differente periodo d’imposta, qualora l’accertamento del reddito di partecipazione riguardi il medesimo periodo d’imposta in cui è stato accertato l’utile nei confronti della società partecipata.

 
Marcello Chiorazzi

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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