Via libera al conferimento di ramo immobiliare


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Via libera al conferimento di ramo immobiliare
Autore: Antonina Giordano - aggiornato il 17/03/2006
N° doc. 1330
 
 
Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive

Via libera al conferimento di ramo immobiliare

Parere n. 52 deliberato il 15 dicembre 2005
 
Con il parere che si commenta il Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, deputato a esprimere il proprio parere ai sensi dell'articolo 21, comma 10, della legge n. 413 del 30 dicembre 1991 su un'operazione di conferimento, emette una pronuncia favorevole, con le dovute precisazioni dettate dalla valutazione "in diritto della fattispecie".
Il giudizio è stato condotto sulla base delle dichiarazioni rese dal contribuente, il quale, pur non avendo ottemperato all'onere probatorio imposto dal comma 2 dell'articolo 5 del decreto ministeriale n. 194 del 13 giugno 1997 a pena di inammissibilità, è stato, tuttavia, assolto dal Consesso, che ha decretato la non necessarietà di ulteriori acquisizioni istruttorie "potendo il parere essere espresso alla luce di quanto prospettato nell'istanza".
La rappresentazione dei fatti, ben argomentata, non fa sorgere dubbi interpretativi o lacune da colmare, essendo abbastanza chiara sia la sequenzialità degli eventi sia gli obiettivi che, con la realizzazione dell'operazione, la società istante intende perseguire.

L'interpello viene avanzato da una Srl nel rispetto della ritualità della procedura dettata dalle norme regolamentari di cui al citato Dm n. 194/97.
L'istante ha come oggetto principale della propria attività la produzione, fornitura e posa in opera di arredamenti civili e commerciali "destinati a titolo esemplificativo e non esaustivo a privati, negozianti, centri commerciali, alberghi, ristoranti, banche, ospedali, case di cura, altri enti pubblici e privati, nonché di fornitura e posa in opera di complementi d'arredo, impianti di telecomunicazione, ecc.", ed è proprietaria di tre lotti di terreno su uno dei quali accede uno stabilimento costituito da un capannone, da un fabbricato adibito a ufficio e da una tettoia con magazzini.

La necessità di razionalizzare la gestione del patrimonio motiverebbe la scelta di trasferire gli immobili a una omologa beneficiaria - una Srl che ha per oggetto esclusivo l'esercizio di attività immobiliare nelle forme delle locazioni, acquisto, vendita, costruzione, permuta e gestione di immobili - attraverso un'operazione di conferimento del ramo immobiliare, sottoscrivendo un aumento di capitale sociale della beneficiaria mediante conferimento del proprio ramo immobiliare (sulla base dei valori peritali) in cambio del quale riceverà quote della beneficiaria medesima.
Da quanto esposto nell'istanza, emerge che la compagine sociale sarebbe la medesima nelle due società coinvolte nell'operazione e che le persone fisiche manterrebbero le stesse percentuali di partecipazione.
Il conferimento non altererebbe quantitativamente la dotazione patrimoniale della conferente, che risentirebbe unicamente di una ridefinizione qualitativa.

La dinamica dei fatti suffraga l'obiettivo dichiarato della conferente di realizzare un riassetto del patrimonio immobiliare traslandolo in un soggetto da sé indipendente, in modo da focalizzare le risorse dell'impresa sulle attività "core business".
In conseguenza dell'operazione, la beneficiaria darebbe in locazione lo stabilimento industriale facendosi nel contempo carico di tutti i contratti di manutenzione afferenti gli immobili conferiti.
L'interpellante propende per tale soluzione realizzativa, alternativa ad altre operazioni straordinarie (come la cessione o la scissione parziale proporzionale) perché essa rappresenterebbe un utile compromesso tra le esigenze di carattere patrimoniale e finanziario e i vantaggi connessi al regime di neutralità fiscale di cui all'articolo 176 del Tuir, come novellato dal Dlgs n. 344/2003.

Le implicazioni fiscali dell'operazione ai fini delle imposte dirette consisterebbero nel fatto che il maggior valore della partecipazione rispetto al costo fiscale del patrimonio netto conferito, iscritto nella contabilità della società conferente, rappresenta un valore in sospensione d'imposta e, contestualmente, nella circostanza che i maggiori valori degli elementi patrimoniali acquisiti rappresentano "valori in sospensione d'imposta" senza rilevanza fiscale rispetto al costo fiscale dei medesimi, iscritti nelle scritture contabili della conferitaria.
Le conseguenze in ambito imposte indirette si esaurirebbero - sostiene il contribuente - nell'assoggettamento del negozio all'imposta di registro (nella misura fissa di 129,11 euro).

Il fatto (e la problematica a esso sottesa) rientra a pieno titolo nella competenza del Comitato consultivo, il quale - come è noto - è legittimato, tra le altre fattispecie che ne delimitano l'adizione, a pronunciarsi su quelle previste dal comma 3 dell'articolo 37-bis del Dpr n. 600/73 (tra le quali viene annoverato il conferimento), al fine di qualificarne l'elusività in assenza dei presupposti dettati dal legislatore (nel comma 1 dello stesso articolo) per la loro incensurabilità fiscale.
Occorre precisare che la cessione d'azienda si verifica non solo nell'ipotesi in cui siano trasferiti tutti i beni aziendali ma anche quando i beni trasferiti costituiscano un'azienda nel senso sopra specificato e, pertanto, non possono escludersi dal trasferimento i beni essenziali per l'esistenza dell'azienda stessa.

Il contribuente può, tuttavia, liberamente scegliere di effettuare un'operazione di conferimento in regime di neutralità fiscale, ex articolo 176 del Tuir, o, alternativamente, secondo il regime "realizzativo" di cui all'articolo 175 del Tuir, tenendo presente che la facoltà produce effetti fiscali diversi a seconda che egli ponga in essere un conferimento d'azienda piuttosto che un conferimento di singoli beni immobili.
Fiscalmente, infatti, ai fini delle imposte sui redditi, il conferimento di singoli beni immobili è soggetto alle ordinarie regole di tassazione delle plusvalenze (articoli 9 e 86 del Tuir), mentre ai fini Iva lo stesso, in presenza degli altri requisiti richiesti dalla norma, deve essere considerato cessione di singoli beni autonomamente imponibili.
Al contrario l'operazione di conferimento d'azienda o di un ramo di essa, secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, lettera b), del Dpr n. 633/1972, è esclusa dal campo di applicazione dell'Iva (quindi non vi è applicazione di imposta, né adempimento di obblighi di carattere formale), mentre sconta l'imposta di registro in misura fissa.

L'obiettivo del proponente l'interpello risiede, come si è già detto, nell'acquisire dal Comitato consultivo un parere sulla corretta interpretazione della norma di cui all'articolo 176 del Tuir, novellato dal citato Dlgs n. 344/2003, relativamente al conferimento di immobili a una società immobiliare che aumenterà il capitale assegnando alla conferente le maggiori quote.
L'articolo 176 del Tuir, di cui viene invocata l'applicazione, prevede che: "I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze a condizione che il soggetto conferitario rientri tra quelli di cui all'art. 73, comma 1, lettere a) e b)".

Mentre i conferimenti d'azienda sono generalmente equiparati alle cessioni ex articolo 9 del Tuir, quello in esame è prospettato secondo il regime di neutralità fiscale di cui all'articolo 176 del Tuir, che consente al conferente di contabilizzare le partecipazioni a valori correnti ma assumendo, quale valore fiscale delle stesse, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita (mentre il conferitario eredita gli elementi dell'attivo e del passivo agli stessi valori, fiscalmente riconosciuti, in cui erano in carico presso il conferente, pur potendo iscrivere in bilancio gli stessi, a valori di perizia).
Tenendo conto che il termine "azienda" assume un ampio significato, comprensivo anche delle "cessioni" di complessi aziendali relativi a singoli rami d'impresa, i beni immobili, facenti parte dell'attivo, non sembrano sufficienti a configurare un ramo di azienda, poiché non rappresentano un complesso organizzato idoneo a costituire un'organizzazione autonoma, capace di mantenere ininterrotta la propria autonomia reddituale.

Tornando alla qualificazione della fattispecie in esame, è desumibile dalla pronuncia una valutazione in buona sostanza adesiva a tale percorso interpretativo.
Il Comitato, infatti, rileva che l'articolo 176 del Tuir si riferisce esclusivamente al conferimento di azienda, mentre, da quanto emerge dall'istanza, la fattispecie rappresentata - più che un conferimento d'azienda o di ramo immobiliare - sembrerebbe integrare, un'ipotesi di conferimento di singoli beni aziendali, non rappresentanti un complesso unitario in grado di produrre autonomamente un proprio reddito e, quindi, non idonea a beneficiare della norma agevolativa citata anche alla luce del concetto d'azienda desumibile dall'articolo 2555 del codice civile, che richiede la destinazione unitaria dei beni per il perseguimento delle finalità imprenditoriali nonché la potenzialità degli stessi ad assolvere alla funzione economica cui sono preordinati.
In tale linea si colloca la circolare n. 320/E del 19/12/97, nella quale viene precisato che è configurabile una cessione d'azienda quando si trasferisce un complesso aziendale inteso "quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici suscettibili di consentire l'esercizio dell'attività d'impresa".

Il Comitato consultivo riconosce, dunque, l'apprezzabilità economico-gestionale del disegno realizzativo e l'assenza di indebito risparmio d'imposta, che conduce alla incensurabilità del comportamento perché ispirato da valide ragioni economiche e non finalizzato al conseguimento di indebiti risparmi d'imposta, precisando che al progetto non è, tuttavia, applicabile l'articolo 176 del Tuir, poiché il conferimento non ha per oggetto un'azienda.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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