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Anagrafica delle ditte: perdita della qualifica di ente non commerciale tra vecchia e nuova normativa non ancora in vigore Torna indietro
N° doc. 38.544
G.B. Software S.p.a.
 
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 1. Piano dei conti/Causali - 1.2 Causali Contabile
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 11. Bilancio e gestioni collegate - 11.2 Prospetti contabili
 11. Bilancio e gestioni collegate - 11.3 Prospetti fiscali
 11. Bilancio e gestioni collegate - 11.4 Indici di coerenza
 11. Bilancio e gestioni collegate - 11.5 Verifica dei minimi
 22. Bilancio Europeo 2009 - 22.1 Bilancio CEE
 22. Bilancio Europeo 2009 - 22.2 Nota integrativa/Relazioni/Verbali
 21. Bilancio Europeo 2010 - 21.1 Bilancio CEE IV direttiva
 21. Bilancio Europeo 2010 - 21.3 Calcolo delle imposte Correnti - Anticipate - Differite
 21. Bilancio Europeo 2010 - 21.2 Gestione completa della produzione del fascicolo in PDF/A e .Xbrl
 21. Bilancio Europeo 2010 - 21.4 Bilancio riclassificato
 21. Bilancio Europeo 2011
 21. Bilancio Europeo 2013
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 31.12 Studi di Settore 2011
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 52.1 Comunicazione Annuale Dati IVA
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 33.2 Società di Persone
 33.3 Società di Capitali
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 31.9 Dichiarazione Modello IRAP 2010
 31.9 Dichiarazione Modello IRAP 2011
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 1. Modello F23
 2. Modello F24
 2. Saldi di Bilancio
 21. Bilancio Europeo 2011 - Menù generale Bilancio
 21.2 Bilancio Europeo 2011 - Gestione completa della produzione del fascicolo in PDF/A e .Xbrl
Anagrafica delle ditte: perdita della qualifica di ente non commerciale tra vecchia e nuova normativa non ancora in vigore
 

 

La “commercialità” degli enti del terzo settore è trattata dall’articolo 79 del codice del terzo settore (CTS), che ancora non trova applicazione; pertanto, per identificare la tipologia del soggetto, ad oggi si deve far riferimento alla normativa presente nel TUIR riferita agli enti non commerciali.

 

Verifica della non commercialità con le regole previste per gli enti non commerciali, da utilizzare oggi

 

La definizione di ente non commerciale nel TUIR è indicata nell’articolo 73, comma 1, lettera c):

“…Enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali

 

Un ente, per essere considerato “non commerciale”, deve avere tre requisiti fondamentali:

  • Soggettivo: enti pubblici o privati diversi dalle società
  • Territoriale: gli enti non commerciali mantengono nel territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d’imposta, la sede legale o amministrativa ovvero esercitano qui il loro oggetto principale
  • Economico: gli enti non commerciali non possono avere per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Gli enti non commerciali hanno la possibilità di compiere operazioni commerciali, anche a carattere abituale, ma queste non devono assumere la caratteristica di prevalenti rispetto alle attività istituzionali.

 

Pertanto, sono enti non commerciali non solo quelli che svolgono esclusivamente “attività non commerciali”, ma anche quelli che non svolgono attività commerciale in modo esclusivo o prevalente.

 

La non commercialità può venire meno al verificarsi di determinate situazioni riepilogate nell’articolo 149 del TUIR (“Perdita della qualifica di ente non commerciale”), ex articolo 111-bis così come modificato dall’articolo 6 del D.lgs 460/97.

Di base, indipendentemente da quanto indicato nello statuto, la perdita della qualifica di ente non commerciale avviene qualora venga esercitata attività commerciale per la maggior parte del tempo all’interno di un intero periodo di imposta.

Accanto a questa presunzione, tuttavia, vengono indicati poi alcuni parametri che non comportano automaticamente la perdita della qualifica di ente non commerciale, soprattutto se ad esempio ne sussiste uno solo, ma sono particolarmente significativi e possono comunque portare ad un giudizio complessivo di commercialità sull’attività esercitata:

  • Prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività
  • Prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti alle attività istituzionali
  • Prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per quest’ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative
  • Prevalenza dei componenti negativi inerenti all’attività commerciale rispetto alle restanti spese.

 

La perdita di qualifica di ente non commerciale ha effetto fin dall’inizio del periodo di imposta in cui vengono meno le condizioni.

L’articolo 4, comma 4, del DPR 633/72 fa sì che le disposizioni previste nell’articolo 149 del TUIR siano applicabili anche ai fini dell’IVA.

 

Per espressa deroga di legge, la perdita di qualifica di Ente non commerciale non riguarda mai le seguenti categorie di soggetti:

  • gli enti ecclesiastici riconosciuti dallo stato in base ai vari concordati;
  • le associazioni sportive dilettantistiche (ASD).

 

dito puntato Perdita qualifica ASD

L'ordinanza della Corte di Cassazione 16/06/2021 n.17026 ha chiarito che l'agevolazione di cui al comma 4 dell'articolo 149, cioè la disapplicazione dei parametri per le sportive, non costituisce una presunzione assoluta di non commercialità. Le associazioni sportive dilettantistiche, quindi, possono perdere la qualifica di ente non commerciale nel caso in cui esercitino nel concreto una o più attività qualificabili come commerciali (ai sensi dell’articolo 73 del TUIR) e queste risultino prevalenti per più di un periodo d'imposta; ciò a differenza di quanto avviene per gli altri enti non commerciali per i quali la perdita della qualifica è immediata e opera dallo stesso periodo d'imposta in cui avviene il superamento.

 

La qualifica di Ente non commerciale può essere riacquistata negli esercizi successivi, qualora vengano meno le cause che hanno determinato il mutamento.

 

Verifica della non commercialità con le nuove regole previste dall’articolo 79 del CTS, da utilizzare quando sarà approvato

 

L’articolo 79 prevede un superamento del percorso logico di attribuzione della qualifica di ente non commerciale. Per qualificare un ETS come “commerciale” o “non commerciale” occorre procedere a “pesare” le entrate che esso ha avuto durante l’esercizio, su due livelli:

  • commercialità di singoli ambiti di attività (articolo 79, comma 2, 3, 5bis e 6);
  • commercialità generale dell’ente (articolo 79, comma 5)

Seppur in questo caso l’articolo 79 non precisi come debba essere svolta, si deve evidenziare come la norma non si presti ad una interpretazione eccessivamente rigida. Quindi, salvo eventuali futuri chiarimenti di prassi, si può optare sia per svolgere il test di commercialità in via analitica, per ogni singola attività di interesse generale e poi sull’intero ente, oppure in via complessiva considerandole tutte in un unico calcolo.

 

Sono attività non commerciali:

  • le attività di interesse generale svolte dall’ETS a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto conto anche degli apporti della pubblica amministrazione e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento (articolo 79, comma 2);
  • le attività di cui al punto precedente qualora i ricavi non superino di oltre il 6 per cento i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre tre periodi d'imposta consecutivi (articolo 79, comma 2bis così come modificato dalla legge del 4 agosto 2022 n.122);
  • le attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale con reinvestimenti degli utili nell’attività (articolo 79, comma 3);
  • la percezione di contributi, sovvenzioni, liberalità, quote associative dell'Ente e ogni altra entrata assimilabile (articolo 79, comma 5bis);
  • le attività svolte nei confronti dei propri associati e dei familiari e conviventi degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell'ente (articolo 79, comma 6).

 

In aggiunta alle precedenti e solo per le Organizzazioni di Volontariato (OdV), sono attività non commerciali (articolo 84):

  • le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
  • la cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari a patto che la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
  • le attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.

 

In aggiunta alle precedenti e solo per le Associazioni di Promozione Sociale (APS), sono attività non commerciali (articolo 85):

  • le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso associati e loro familiari conviventi a seguito del pagamento di corrispettivi specifici;
  • le cessioni prevalentemente agli associati e ai familiari loro conviventi di pubblicazioni proprie dell’Associazione, a seguito del pagamento di corrispettivi specifici e in attuazione degli scopi istituzionali;
  • le attività di vendita a fini di sovvenzione di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato;
  • se l’associazione gode del riconoscimento delle finalità assistenziali da parte del Ministero dell’Interno, l’attività di somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, nonché l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, se tale attività è complementare a quella istituzionale e senza avvalersi di alcuno strumento pubblicitario.

 

Sono attività commerciali:

  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati e dei loro familiari e conviventi a seguito del pagamento di corrispettivi specifici;
  • le attività di interesse generale (articolo 5) se svolte in modo differente da quanto previsto dall’articolo 79 comma 2;
  • le attività diverse di cui all’articolo 6.

 

Un ETS diventa commerciale quando, “pesate” le entrate, i ricavi delle attività commerciali superano i proventi delle attività non commerciali. Il mutamento della qualifica, da ente di terzo settore non commerciale a ente di terzo settore commerciale, opera a partire dal periodo d'imposta in cui l'ente assume natura commerciale. Per i due periodi d’imposta successivi all'autorizzazione del Titolo X da parte della Commissione europea, il mutamento di qualifica, da ente del Terzo settore non commerciale a ente del Terzo settore commerciale o da ente del Terzo settore commerciale a ente del Terzo settore non commerciale, opera a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui avviene il suddetto passaggio.

 

Naturalmente, tale mutamento dell’ETS comporta la perdita di tutte le agevolazioni fiscali e contabili connesse, quali ad esempio:

  • il regime forfettario di cui all’articolo 80;
  • le agevolazioni per i tributi minori di cui all’articolo 82;
  • la deducibilità o detraibilità delle erogazioni liberali di cui all’articolo 83;
  • la decommercializzazione delle attività di raccolta fondi ed altre.

 

Nel caso di OdV o APS rientranti nelle agevolazioni dell’articolo 86, non è previsto alcun mutamento in caso di perdita dello status di ETS non commerciale.

 

Persa la “non commercialità”, gli ETS commerciali, fatta eccezione per OdV e APS di cui sopra, sono obbligati al rispetto degli obblighi contabili previsti dal Codice Civile e dagli articoli 14 e segg. del d.P.R. 600/1973, similmente alle imprese sociali. Le imprese sociali sono sempre enti commerciali.

 

 

 

 

Info: 06 97626328