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ANTIRICICLAGGIO, GLI OBBLIGHI DEI PROFESSIONISTI
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ciazione per delinquere di stampo mafio-
so costituisce delitto da cui provengono il
denaro o i beni sostituiti o trasferiti, posto
che è l’associazione mafiosa in quanto tale,
anche indipendentemente dalle attività a
cui si dedica, a rendere tali attività illega-
li, poiché esse sono perseguite e realizzate
con lo strumento dell’omertà, dell’intimi-
dazione o della violenza, senza neppure la
necessità di una preventiva individuazio-
ne, da parte dell’associazione medesima,
di un programma criminoso di reati-fine
(
Cass.
, Sez. I, 27 novembre 2008, n. 2451,
in
CED Cass. pen
., 2009, 242723).
6. IL RICICLAGGIO DI PROVENTI
DA EVASIONE FISCALE
Il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, conte-
nente la disciplina dei reati in materia di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto,
contempla plurime fattispecie di reati tri-
butari, strutturati tutti come delitti pu-
nibili a titolo di dolo, talora generico, ma
più spesso specifico di evasione.
Siccome la maggior parte di tali fatti-
specie è caratterizzata da condotte che,
cagionando un danno all’Erario, arrecano
un correlativo vantaggio economico all’au-
tore di esse, si è posto il problema se anche
tali reati possano costituire presupposto
di quelli di “riciclaggio” o “impiego di de-
naro, beni o utilità di provenienza illeci-
ta” di cui, rispettivamente, agli artt. 648
bis
e 648
ter
cod. pen.
La problematica non è di poco conto –
soprattutto alla luce della normativa an-
tiriciclaggio di cui al D.Lgs. 21 novembre
2007, n. 231 – poichè può investire va-
ri soggetti che, per ragioni professionali,
prestano consulenze o servizi a imprese
o società i cui titolari o amministratori
abbiano commesso delitti tributari com-
portanti evasione fiscale.
Del resto, si sono già verificati casi di
incriminazione per riciclaggio o reimpie-
go di denaro proveniente da un delitto di
frode fiscale nei confronti di consulenti e
funzionari di istituti di credito. Ad esem-
pio, nel caso di un consulente il quale ab-
bia consapevolmente prestato la propria
opera nel compimento di operazioni finan-
ziarie (acquisti immobiliari o di parteci-
pazioni, trasferimenti di capitali, costitu-
zione di società fiduciarie, etc.) aventi ad
oggetto provviste di denaro presuntiva-
mente realizzate dal cliente con fraudo-
lente condotte di evasione.
Posto che, per rispondere dei reati di cui
agli artt. 648
bis
o 648
ter
cod. pen., il
soggetto agente non deve aver concorso
nella commissione del delitto presupposto,
stante l’espressa clausola di riserva (“
fuo-
ri dei casi di concorso
”) contenuta nelle
suddette norme, sono essenzialmente due
le questioni fondamentali che si presenta-
no in ordine alla configurabilità dei reati
in questione: la conoscenza della prove-
nienza delittuosa del denaro o delle altre
utilità e la loro determinabilità come pro-
vento del delitto presupposto.
Per quanto riguarda il primo requisito,
deve essere rigorosamente provata la con-
sapevolezza della provenienza dell’utilità
dal delitto tributario in capo a colui che si
presta al relativo riciclaggio o reimpiego.
Tale dimostrazione può, in pratica, non
essere agevole, dato che implica la rico-
struzione di processi psicologici interni
all’agente non tangibili nella realtà ester-
na. A tal fine, non potendosi pretendere
di ripercorrere il procedimento mentale
effettivamente seguito dal soggetto, è ne-
cessario ricorrere alle regole generali di
esperienza e a quanto risulta desumibile
dagli elementi di fatto conosciuti, nonché
dalla personalità dell’agente stesso.
Per quanto concerne invece la qualifica-
zione del provento dell’evasione, il proble-
ma è più complesso.
Da un lato, infatti, si può ritenere che
il provento dell’evasione fiscale costituisca
un arricchimento conseguito con il (frau-
dolento) risparmio delle imposte che si sa-
rebbero dovute pagare e che, pertanto, ta-
le indebito arricchimento conseguito dal
contribuente non possa identificarsi con il
denaro, beni o altre utilità
” direttamente
provenienti da delitto cui fanno riferimen-
to gli artt. 648
bis
e 648
ter
cod. pen. Ciò,
in particolare, può valere in relazione al
reato di infedele dichiarazione.
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